Lucy, un fanta thriller darwiniano
In principio era il caos: poi <Lucy> fu. Il film che ha resuscitato da 15 anni d'oblio Luc Besson? E' un action darwiniano in scarpe Laboutin, un fumettistico fanta thriller che si lava il sangue dalle mani con l'Evian. Bizzarro e cinetico mix di teoria dell'evoluzione, sparatutto e riflessione esistenziale, <Lucy> rimette l'abito della festa a un regista che si era dimenticato la faccia del successo: e che invece adesso, gettato nello stesso pentolone (con incoscienza rock) gangster story e b-movie, Kitano e <2001>, Tarantino e <The tree of life>, ha sbancato a sorpresa il botteghino Usa. Promettendo, a dire il vero, più di quello che in realtà mantenga.
Ennesima supergirl della sua scintillante collezione (dopo la primogenita Nikita, la Leeloo de <Il quinto elemento> e Giovanna D'Arco...), la Lucy di Besson (interpretata da una sempre più futuristica Scarlett Johansson) è una giovane americana che si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato: messa nei guai da un tizio che ha conosciuto la sera prima, è sequestrata da una spietata gang coreana che la costringe a trasportare una nuova e potentissima droga. Ma lo stupefacente le va in circolo e le espande al massimo le funzioni cerebrali, dotandola di poteri straordinari: abbastanza da meditare un'immediata vendetta...
Violento e spettacolare, figlio di moltissimi padri (da <Matrix> a certo cinema mutante, passando per i recentissimi <Limitless> e <Transcedence>), <Lucy> è un film stiloso e molto visual, ma anche discretamente presuntuoso che, dopo un inizio tutto strappi e ralenti, cerca di rendere più fonda una concezione cinematografica prettamente commerciale provando a supportarla con arditi presupposti <scientifici> (Lucy è anche il nome dell'australopiteco considerato l'antenato dell'umanità) e teologici, tra la vertigine dell'origine del mondo e il miraggio pericoloso della conoscenza assoluta. In un delirio disinibito di immagini e segni, Besson mira al segreto ultimo: ma seppure ila sua pellicola non sia priva di ironia, rischia più di una volta di prendersi un po' troppo sul serio, nel corto circuito di citazioni e suggestioni anche rozze. Col risultato che se a suo tempo con Vadim Dio creò la donna, con Besson la donna creò Dio. Tanto che alla fine è lecito pensare che se come la protagonista utilizzassimo il nostro cervello non al 10 ma al 100% delle sue potenzialità forse non faremmo un film come questo.