Orgoglio e pregiudizi: tre ragazze Libere, disobbedienti, innamorate
La rivoluzione si fa anche in silenzio, su una terrazza, fumando un'altra sigaretta. Sapendo che non sarà l'ultima. Nella consapevolezza che indietro non si torna. Anche se il prezzo da pagare sarà alto, magari altissimo: fosse anche la solitudine. O l'incomprensione. Non servono armi né tantomeno proclami: a volte basta un po' di rossetto, una mano che ne cerca un'altra, un bagno in mare. Spiega già molto il titolo italiano - <Libere, disobbedienti, innamorate> -, ma c'è persino di più in quello originale - <In between> -, che è un po' come dire né qui ne là, ma nel mezzo, quel sentirsi intrappolate tra passato e futuro, quell'essere perennemente sospese. Che è poi la condizione esistenziale delle protagoniste del debutto vitalissimo, ribelle e anti ortodosso, della 35enne palestinese Maysaloun Hamoud, che squarcia il velo dell'ipocrisia di una società arcaica e maschilista (oltre che patriarcale), capace di rispondere solo con la violenza a quello che non capisce, per seguire da vicino tre percorsi differenti che in realtà sono un unico viaggio: quello che porta alla conquista, sofferta ma orgogliosa, di un'emancipazione da riaffermare un giorno dopo l'altro.
La storia di tre coinquiline palestinesi che vivono nell'apparente liberale Tel Aviv, in cerca di una propria identità: l'avvocatessa stanca di uomini che ne vogliono imbrigliare la forte personalità, la deejay ripudiata dalla famiglia perché lesbica, la musulmana praticante vessata dal promesso sposo...
Film al femminile prima ancora che femminista, <Libere, disobbedienti, innamorate> rompe schemi e stereotipi per sfidare, con anticonformismo e sincerità, pregiudizi e regole non scritte di un mondo che vorrebbe le donne semplicemente sottomesse, andando molto al di là del semplice drogasessoerocknroll per portare a una società opprimente e repressa la minaccia di una sorellanza assetata di rivincita. Abbastanza perché in patria il film della Hamoud venisse proibito e su di lei si abbattesse una fatwa, la prima in Palestina dal '48. Non c'è da stupirsi: la verità è sempre sovversiva. E non solo in quell'angolo tormentato di mondo.