Quo vadis, Aida? Romanzo di una strage
Guardi al tg la folla ammassata all'aeroporto di Kabul, i cancelli chiusi, i tentativi, tragici e assurdi, di fuga, e ti viene in mente questo film: anche se è tutta un'altra storia. Anzi, no: forse perché è proprio sempre la stessa. La pandemia lo ha tenuto fermo più di un anno, «Quo vadis, Aida?», per poi mandarlo in pasto al leone 007: ma se vi rimane un buco in agenda - e un piccolo spazio nel cuore - è questo il film da vedere.
In concorso a Venezia 2020 e poi candidata all'Oscar per il miglior film internazionale, la pellicola della bosniaca Jasmila Zbanic (Orso d’oro a Berlino nel 2006) rievoca, in modo forse convenzionale ma assai efficace, il genocidio di Srebrenica, una delle pagine più atroci e vergognose della recente storia europea. Ritratto di donna nella tempesta, il film, ispirato a fatti realmente accaduti, intreccia il dramma privato, personale, con quello collettivo, facendo della vicenda della protagonista - una traduttrice delle Nazioni Unite (Jasna Djuricic, bravissima) che cerca di mettere in salvo la sua famiglia - il romanzo di una strage.
Un film implacabile nella ricostruzione della verità, dove sul banco degli imputati finiscono in tanti: le truppe serbe che uccisero più di ottomila civili bosniaci indifesi, ma anche l’Onu che restò a guardare quell’eccidio consegnando di fatto la popolazione innocente al macellaio Mladic (poi condannato all’ergastolo) come la comunità internazionale, che nel 25° anniversario di quello sterminio, fa ancora i conti con il senso di colpa di un prolungato silenzio. E che davanti a questo film abbassa lo sguardo.