Il sacrificio del cervo sacro: la colpa, la vendetta e la tragedia
Questo film fa paura: almeno a qualcuno. E' un oggetto difficile da maneggiare, che si porta appiccicata addosso l'etichetta dei trasporti pericolosi: forse è per questo che esce nelle sale più di un anno dopo l'anteprima a Cannes 2017. Eppure, in questa lunga estate calda poche cose sono da vedere come <Il sacrificio del cervo sacro>, ennesima conferma del talento non convenzionale di Yorgos Lanthimos (<Lobster>), che trasforma gli atroci dilemmi alla base della tragedia greca in un horror contemporaneo, psicologico e disturbante.
Un film crudele e inquietante, malato e ossessivo, che rilegge Euripide (<Ifigenia in Aulide>, ma non solo) ai giorni nostri, dove, nella non conclamata mostruosità di famiglie troppo perfette, la scienza deve arrendersi ancora all'irrazionale (e cosa più della morte lo è?) e l'uomo piegarsi alle proprie responsabilità.
Premiato sulla Croisette per la miglior sceneggiatura, Lanthimos racconta, con grande pulizia formale e un uso ansiogeno ma eccessivo della musica, la storia di un cardiochirurgo, vittima della <maledizione> del figlio di un paziente spirato sotto i ferri: se non ucciderà uno dei suoi figli o la moglie, si ammaleranno e moriranno tutti...
Dramma terribile della colpa, venato di improvvisi (e a volte spiazzanti) tocchi grotteschi, <Il sacrificio del cervo sacro> (che ha due interpreti potenti in Colin Farrell e Nicole Kidman e una scoperta da brividi in Barry Keoghan, visto anche in <Dunkirk>) scuote le vite altrimenti anestetizzate dell'epoca moderna gettandosi a corpo morto nell'inferno della scelta. La riflessione su temi eterni quali sacrificio e vendetta vira in maniera sin troppo scontata nel film di genere: ma l'impressione è che quel cuore che si vede battere all'inizio della pellicola sia già fermo da tempo.