Fenomeno Zalone: se il Checco nazionale graffia il Belpaese
L'Italia è una repubblica fondata sul posto fisso: nel senso che chi ce l'ha non solo se lo tiene stretto, ma ci si incatena proprio... Tra invalidi felici di esserlo e malati immaginari, il mito quasi mistico della tredicesima e le ferie pagate, il vice ispettore di polizia mancato Zalone Checco («ebbene sì: anch'io dieci anni fa sognavo il posto fisso...») graffia e bastona il Belpaese malato di assistenzialismo, riconoscendo in un presente in (fasulla) trasformazione, vizi endemici e antichi e malcostumi duri a morire dell'impiegato statale, patriota capace in passato di salvare la democrazia (cristiana, si intende...). Anche perché fra propagandistici tagli ministeriali e irregolarità sempre a norma, tutto cambia per restare uguale: in fondo, la Prima Repubblica - come il comico pugliese canta in puro stile celentanesco - «non si scorda mai».
Sopravvissuto al successo mostruoso del sopravvalutatissimo «Sole a catinelle» (52 milioni di euro guadagnati: maggiore incasso nella storia del cinema italiano), il Checco nazionale, non senza ansie, alza l'asticella, abbandonando la farsa per approdare alla satira: e con «Quo vado?» (sempre diretto dal fedelissimo Gennaro Nunziante, regista e complice di tutte le sue avventure cinematografiche) firma il suo miglior film, quello più ambizioso e maturo almeno, con cui da semplice alfiere del politicamente scorretto prova ad assumere la dimensione di fustigatore di una società che non vuole crescere e si aggrappa, commossa, oltre che all'amico senatore, pure ad Al Bano e Romina...
Divertente anche se a tratti slegato, sin troppo condizionato dagli esiti imprevedibili della pellicola precedente (tanto che qui non si è badato a spese: 17 settimane di riprese, trasferte in Norvegia e persino al Polo Nord, con l'aiuto dei ricercatori del Cnr), «Quo vado?» (da ieri in 1.300 sale, un'enormità: la corazzata «Star Wars» si è fermata a 850...) racconta le peripezie di un funzionario dell'ufficio Caccia e Pesca che rischia di perdere il posto a causa della soppressione delle province: deciso a non cedere, accetta allora il trasferimento nei posti più impensabili...
Incarnati privilegi e inciviltà dell'italiano medio(cre), Zalone fa simpaticamente pelo e contropelo a bamboccioni forever (la morosa prepara la borsa per il calcetto, mamma stira le camicie e papà paga le bollette...) e assenteisti senza speranza, aggiornando la risata al tempo della riforma della pubblica amministrazione. La maleducazione radicata, il maschilismo, le tangenti «mascherate», l'auto rigorosamente in doppia fila: nella speranza che a salvarci siano le famiglie allargate e interreligiose e la frontiera eco-friendly, «Quo vado?» ampia i suoi orizzonti inciampando però in un finale di ecumenico buonismo. Ma mentre i campioni di incasso di una volta, i cinepanettoni, restano tremendamente uguali a se stessi, Zalone cresce: ed è un buon segno per tutti.