The neon demon, il vanitosissimo inferno della bellezza
A uno che sa girare come Nicolas Winding Refn perdoni molte cose: anche il fatto che adesso si firma NWR, acronimo che probabilmente pensa faccia figo. Puoi anche arrivare (quasi) a perdonargli il suo penultimo film, <Only God forgives>: ma qui si va già più sul difficile. Però con <The neon demon>, ipnotico, flashato e iper visionario incubo a occhi aperti, il gioco si fa davvero duro: perché per quanto il film, fischiatissimo all'ultimo Festival di Cannes, abbia raccolto qua e là anche fan importanti (i Cahiers lo hanno adorato e anche in Italia ha avuto estimatori e copertine extra lusso), la deriva estetizzante di un regista altrove geniale risulta ormai praticamente insopportabile.
Stilizzato e plastico sin dalla prima inquadratura, l'ultimo viaggio nella forma dell'autore di <Drive> (il suo apice, ma forse anche un punto di non ritorno...) è un film vanitosissimo e innamorato (nonché vittima) di se stesso, sensuale e saturo, ma più di tutto megalomane e noioso.
Partito per riflettere sul culto (necrofilo) e sulla <dannazione> della bellezza (che <non è tutto: è l'unica cosa>), sulla ricerca ossessiva di una perfezione che è insulto, malattia, Refn - raccontando la storia di una giovane (e almeno in apparenza innocente) modella (la 18enne Elle Fanning) appena arrivata a L.A. - si abbandona presto, nel seguire le giornate della sua stilosissima Cappuccetto Rosso smarrita nel bosco della fama e del potere, in un compiaciuto delirio di onnipotenza che finisce con lo scivolare nell'horror più compulsivo e antinarrativo (tra cannibalismo, riti sacrificali e modelle vampiro in cerca di briciole di eternità...), in un continuo e algido specchiarsi nel vuoto, dove si alternano simbolismi iperrealistici e spottose sequenze videoclippare.
Sulle prime (quando racconta poco ma almeno bene ed è ancora difficile identificarne la natura) affascinante, <The neon demon> alla lunga assomiglia invece a un brutto film di Lynch: l'allegoria è sovrabbondante, la provocazione esibita, la geometria ripetuta.
E il talento glam-punk di Refn (autore di rottura costretto a spingersi all'estremo per piacersi) finisce col sembrare una costosissima Ferrari rimasta senza benzina e con un paio di gomme bucate: bella sì, ma che te ne fai?