Cuori puri, un cinema in cerca di verità
C'è un cinema che esce di casa e le storie le va a cercare, là dove accadono, là dove ancora ci sono: nei quartieri più ruvidi, più ostici, sulle strade dove ogni angolo è frontiera, terreno fertile di conflitti e scontri, incomprensioni e (inaspettati) incontri. Un cinema di confine e di periferia (qui siamo a Tor Sapienza, nella Roma che tra centri di accoglienza e campi nomadi, aspetta solo una scusa per esplodere) ormai sempre più frequentato dai nostri giovani autori: fatto di cemento, asfalto, scritte sui muri, reti, cancelli, retorica anti profughi (<che a quelli danno mille euro al mese per non fare niente>), sfratti, debiti, convivenze difficili, degrado, lavori (e ringrazia che ne hai uno) mal pagati. Un cinema assetato di verità, fisico, presente: come l'esordio, autentico e grintoso, di Roberto de Paolis, 37enne figlio d'arte (suo padre Valerio è il fondatore della Bim, ora patron della casa di distribuzione Cinema), che con <Cuori puri> (appena presentato al Festival di Cannes, alla Quinzaine) riafferma il fascino (necessario) di una poetica della marginalità.
Quella, aspra e dal futuro perennemente ipotetico, dove si muovono Agnese e Stefano. Lei, nemmeno 18 anni, frequenta ogni giorno la parrocchia sotto lo sguardo severo della madre, che le proibisce quasi tutto e pretende che arrivi vergine al matrimonio; lui, guardiano di un parcheggio di un centro commerciale, cerca di sbarcare il lunario, tra genitori che chiedono sempre soldi e qualche amico balordo. Si incontrano nel modo più imprevedibile: e, pur senza nulla in comune se non la ricerca di uno spiraglio di felicità, cominciano a frequentarsi...
Tra valore della castità e richiamo del corpo, tensioni sociali e passaggio all'età adulta, una storia d'amore senza vezzi immersa in un contesto di pregnante e non scontata attualità: ha belle facce e problemi reali <Cuori puri>, che rifugge da uno sguardo borghese nel tentativo di cercare un punto di vista meno retorico e diretto, ma più trasversale.
Il film, che inizia e finisce di corsa, funziona, anche se arrivare dopo <La ragazza del mondo> (la pellicola di un altro esordiente, Marco Danieli, con cui ha più di un punto in comune) non gli giova: ma il cinema di De Paolis non è improvvisato, ha una sua energia, ci mette la faccia. E due interpreti - Selene Caramazza, che per prepararsi al ruolo ha frequentato diverse comunità religiose e Simone Liberati, che ha battuto per mesi il quartiere dove <Cuori puri> è stato girato - credibili ed empatici.