Una questione privata: il partigiano Fenoglio nella guerra dei Taviani
Per Italo Calvino, non proprio uno qualunque, quello era <il romanzo che tutti avevamo sognato, il libro che la nostra generazione voleva fare>. Un libro che non c'era, ritrovato tra carte lasciate forzatamente incustodite, forse senza nemmeno un vero finale: che lui, Beppe Fenoglio, morto ad appena 40 anni, giovane-vecchio come un eroe classico (con quella faccia da secolo scorso, come se la Resistenza gli fosse rimasta addosso, una ruga per ogni compagno e amico morto), non vide nemmeno mai pubblicato.
Meno celebre forse de <Il partigiano Johnny>, capolavoro rivoluzionario di invenzione linguistica, ma diventato in fretta, a pari di quello, un grande classico della letteratura italiana, <Una questione privata> viene ora riletto (anzi, <tradito> come ci tengono a dire loro) dai fratelli Taviani, che portano sullo schermo, con le migliori intenzioni ma in maniera, a dire il vero, un po' meccanica, il romanzo breve di uno scrittore che hanno sempre amato molto. Per farne un film rigoroso e coerente la cui universalità dei sentimenti e il fondamento etico gli permette di connettersi con l'attualità.
In una nebbia anche metaforica che tutto avvolge e tutto confonde, la storia di Milton, giovane partigiano che torna nella villa dove ha passato una dolce estate con la seducente Fulvia e l'amico Giorgio, bello ed estroverso quanto lui era timido e riservato. La custode lo riconosce e gli insinua un dubbio: forse Fulvia (di cui lui è innamorato) ha avuto una relazione con Giorgio. Pazzo di gelosia, Milton decide allora di cercare l'amico, anche lui combattente tra le fila dei partigiani: ma scopre che i fascisti lo hanno appena fatto prigioniero...
Antico, vecchio, come concezione e stile - specie se paragonato alla scrittura ancora modernissima di Fenoglio - il film dei Taviani (anche se in questo caso, per la prima volta, a causa di un incidente accaduto a Vittorio, è il solo Paolo a firmare la regia), per quanto efficace nel mostrare come una dimensione intima, privata appunto, prenda il sopravvento anche davanti all'enormità (la guerra, la vita, la morte) del contesto, non brilla per spontaneità e naturalezza, faticando, nonostante alcuni squarci illuminanti, a dare un robusto corpo narrativo e cinematografico all'ossessione che divora il protagonista.
Racconto di formazione antiretorico, <Una questione privata>, interpretato dal lanciatissimo Luca Marinelli (febbrile la sua recitazione, ma sin troppo calcata), ha picchi notevoli (due in particolare: l'incontro muto e struggente di Milton coi genitori e l'esibizione surreale del repubblichino batterista jazz, che si conclude con la raffica di mitra fuori campo...), ma sconta una certa freddezza nella rappresentazione. A conferma che Fenoglio, a oltre mezzo secolo dalla morte, resta un osso troppo duro per il cinema.