The big sick: american dream e real life
Indovina chi viene all'ospedale: tra palco e lettiga, raccolta intorno a un letto di paura e di speranza, la commedia etnico/sentimentale incontra il medical drama, la parabola interrazziale il film romantico, l'american dream la real life. Caso cinematografico dell'anno negli States – dove, costato appena 5 milioni, è stato comprato da Amazon al Sundance per 12, per poi incassarne più di 80 in tutto il mondo ed entrare di diritto tra i papabili contender degli Oscar -, <The big sick> dell'outsider Michael Showalter sa essere intimo e insieme molto spontaneo, disinvolto, quasi <spudorato> nel raccontare la storia verissima del comico pachistano Kumail Nanjiani (è quello della serie <Silicon valley>), autista per Uber di giorno e cabarettista la sera, impegnato a dribblare le soffocanti tradizioni di famiglia e l'esercito di aspiranti mogli che la mamma gli propone di continuo in vista di un bel matrimonio combinato... Ma un giorno Kumail incontra Emily e davanti a <La notte dei morti viventi> scocca la scintilla. Lui non esce mai due giorni di fila con la stessa ragazza, lei al primo appuntamento fa sesso solo una volta: nessuno sa come, ma potrebbe funzionare. Se non fosse che Emily, proprio quando ha deciso di rompere con lui, si ammala gravemente...
L'11 Settembre, <X-files>, l'Isis, <Forrest Gump>, l'Islam, <Up>: divertente, dissacrante, scritto molto bene dallo stesso Nanjiani e dalla moglie Emily Gordon, <The big sick> mina i luoghi comuni e li fa esplodere grazie a dialoghi svuotati dalle sovrastrutture, capaci di andare oltre i <mi dispiace> (che nella vita, come al cinema, sono tanti) e le frasi di circostanza. Muovendosi con agilità tra le macerie lasciate dalle bugie dello scontro culturale per costruire invece momenti di arrendevole e tenera verità (toccanti e buffi, in particolare, certi confronti tra il protagonista e i genitori della sua ragazza), là dove superare gli ostacoli del cuore dà la cifra e il senso non solo di una coppia, ma anche di una famiglia, nell'infinita lezione di perdonare e perdonarsi lasciando alle spalle ipocrisie e falsità.
L'aria indie e l'agrodolce naturalezza del contesto contribuiscono infine a cucire alla commedia drammatica (e formalmente molto classica) di Showalter un vestito su misura di non forzata empatia, mentre un cast ispiratissimo (oltre a Nanjiani, Zoe Kazan, nipote del grande Elia, ma anche la rediviva Holly Hunter e Ray Romano) scende dal palco della stand up comedy per confondersi tra i dubbi, le risate e gli sbagli di un'umanità vacillante ma determinata. E pronta a tutto: anche a essere felice.