Il Grande Torino, Raf Vallone e la trasferta di Indro
L'altro giorno era l'anniversario della tragedia di Superga: quella che cancellò dai campi, ma non dagli almanacchi, non dalle pagine scritte con l'inchiostro color leggenda, il Grande Torino. Che non era solo una squadra fenomenale, ma un emblema, un esempio. La squadra dei cinque scudetti consecutivi, ma più di tutto la formidabile compagine che riuscì, in un Paese uscito con le ossa rotte dalla guerra, a fare sognare ancora gli italiani. Bacigalupo, Ossola, Mazzola... : nomi rimasti scolpiti nella memoria. Il Grande Torino (sì, con la g maiuscola) è così grande ancora, e amato trasversalmente qualsiasi sia la fede calcistica di ognuno, che la partita dei granata con l'Empoli è stata spostata a oggi. Li volevano fare giocare il giorno dell'anniversario di Superga: ma il Toro ha detto no. Quello è un giorno sacro, è un giorno colmo di lacrime e tristezza: quel giorno, noi, non giochiamo.
A caldo, dopo la tragedia aerea, un fuoriclasse del giornalismo, Indro Montanelli, gran tifoso viola, scrisse sul Corriere della sera queste parole, che ancora suonano come uno straordinario epitaffio: "Gli eroi sono sempre immortali agli occhi di chi in essi crede. E così i ragazzi crederanno che il Torino non è morto: è soltanto "in trasferta"". Ecco, se vuoi capire Messi o Maradona, secondo me bisogna da qui: perché in quelle due frasi c'è l'esatta differenza e l'infinito solco tra un colpo di tacco e uno stop sbagliato, un gol in rovesciato e un cross sbagliato che finisce in rete, un tunnel e una palla in tribuna. Già, il Toro è soltanto in trasferta: roba che mette i brividi anche adesso, la rabona di un campione della penna. Il Torino, quello Grande, hanno provato a raccontarlo anche per immagini: con un film tv, qualche anno fa, che in realtà non gli rende vera giustizia.
Ma Il Torino, quello che sarebbe diventato Grande ma ancora non lo era, ha incrociato la sua strada con un attore poi diventato famoso, Raf Vallone. Uno che ha avuto una vita straordinaria: ha giocato negli anni '30 in maglia granata (vincendo anche una Coppa Italia), poi è stato partigiano, critico cinematografico e infine attore per caso: bella faccia da attore neorealista, sarà "Riso amaro", uscito proprio nell'anno in cui il Grande Torino andò a schiantarsi a Superga, a lanciarlo. Durante la guerra, miltare, venne arrestato per le sue posizioni antifasciste: era destinato ai campi di concentramento ma un repubblichino lo avvertì in tempo. Si tuffò vestito nel lago di Como, gelido, mentre le SS sparavano dalla riva: riuscì a salvarsi. Era un attore autodidatta, ma ha finito per fare quasi 100 film: da "Il cammino della speranza" a "Roma ore 11", da "La ciociara" a "Il padrino 3". E pure Brigitte Bardot, quella stupenda del '59, subì il suo fascino. Nella finzione del grande schermo, Raf tornò anche a giocare a calcio: il film si chiama "Gli eroi della domenica" e lo ha girato Mario Camerini. E' del '52 ma già allora il protagonista è vittima di un tentativo di corruzione: "se perdi ti diamo tre milioni"... Gervasoni e Hristiyan lo "Zingaro" arriverranno solo 60 anni dopo, eppure le brutte abitudini sono dure a morire. Brutte storie: niente a che vedere con quella, luminosa, del Grande (sì, la g è maiuscola) Torino.