Filiberto Molossi Filiberto Molossi

Marguerite & Julien, i giochi proibiti di un amour fou

Giochi proibiti: metti una regista (brava) che, stanca di raccontare sempre di sè, guarda altrove. E adatta per lo schermo un copione - dall'argomento rovente (l'incesto tra fratello e sorella) e tratto da una storia vera (del 1.600) - scritto 40 e passa anni fa addirittura per Truffaut, che non volle però girarlo mai. Presuntuosa la ragazza? Più che altro masochista: perché con <Marguerite & Julien>, insopportabile melodramma su un amore proibito (e <fou>) la francese Valerie Donzelli si fa male sul serio e non tratta con i guanti neppure noi.

Rilettura goffa e molto caricata di un genere che ha conosciuto frequentazioni decisamente più nobili, il film racconta l'avventura sentimentale dei due protagonisti come fosse una fiaba da sussurrare prima di dormire, spargendo a man bassa anacronismi, nel tentativo di confondere le epoche per creare una storia senza tempo. E così, pullover contemporanei vengono infilati sopra abiti dell'800, carrozze trainate da cavalli si muovono nel medesimo contesto dove volano modernissimi elicotteri, il ritratto si confonde con la fotografia... Potrebbe essere anche un'idea se non fosse che la travolgente passione tra fratello e sorella, legatissimi sin da piccoli nello scandalo generale, conosce cadute davvero clamorose: dalla citazione di Giuseppe e Maria sull'asinello a certe fughe nei boschi tra cervi, gufi e alberi che <sanguinano>, prima che in cielo si stagli un rassicurante arcobaleno. Pasticciatissimo, nella speranza forse che nessuno noti i suoi macroscopici difetti, <Marguerite e Julien> dopo un'ora e un quarto di film fa dire alla protagonista: <Ma se ci sposiamo io sarò tua moglie e insieme tua sorella: è grave>. Di sicuro, mai come avere scritto questi dialoghi.

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Filiberto Molossi Filiberto Molossi

Mon roi: le conseguenze dell'amore (fou)

Lui è un cazzaro di proporzioni bibliche, il <re degli idioti> (parole sue), inaffidabile, cialtrone, sempre in pista: insomma, praticamente irresistibile... Tanto che lei ci casca senza nemmeno passare dal via. Ma le conseguenze dell'amore sono spesso (im)prevedibili: che vai in clinica per un ginocchio rotto e poi scopri che a essere a pezzi invece è il cuore. La riabilitazione dei sentimenti e le dolorose fratture del desiderio in <Mon roi>, che parte bene ma poi, quando volano gli stracci (dai baci ai tranquillanti il passo è breve), rischia di deragliare con masochistica prevedibilità come la relazione che racconta.

Diretta con l'abituale stile energico e vitale dalla 39enne Maiwenn (di cui abbiamo preferito il precedente <Polisse>), la pellicola ha un bel piglio informale, sa essere brillante e autentica e, complici dialoghi non privi di pepe, a tratti pirotecnici, srotola in flashback la love story sopra le righe, esaltante e autodistruttiva, tra Tony (Emmanuelle Bercot, miglior attrice a Cannes ad ex aequo con la Rooney Mara di Carol) e Georgio (Vincent Cassel).

Un po' facile nell'assunto (la ricostruzione fisica come metafora di una guarigione morale), <Mon roi> ha le carte in regola per raccontare l'impossibilità di stare insieme così come anche lontani, ma molto sa di già visto. Resta notevole però l'alchimia degli interpreti, straripanti.

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