La spia: l'ultima volta di Philip Seymour
C'è una ragione per vedere questo film, una più di altre: un uomo stanco, non bello, con qualche chilo di troppo. Che pero' era anche un attore straordinario: uno di quelli che sapeva che, nella vita, «più del successo conta avere fatto un buon lavoro».
E' un'uscita di scena amarissima, il più triste degli addii quello di Philip Seymour Hoffman ne «La spia»: lui che scende dall'auto e si allontana, lasciando l'inquadratura desolantemente vuota. Sparendo in un incerto altrove, prima che il buio dei titoli di coda se lo inghiotta. Vinto dall'eroina una settimana dopo la fine delle riprese, l'attore ne «La spia» - thriller freddo e di testa, torbido come l'acqua che si vede nella prima sequenza - dà vita, firmando l'ennesima strepitosa performance, a uno degli anti eroi più solitari nati dalla penna di John Le Carrè.
Nel mondo reale, dove si calpestano le regole e la Costituzione è carta straccia e se vuoi offendere qualcuno gli dai del pacifista, un film cinico e minaccioso che nell'occhio del ciclone della strategia anti terrore scatena la guerra degli 007: opera terza di Anton Corbijn (dopo il debutto d'autore di «Control» e il flop «abruzzese» di «The american»), «La spia» fa la punta ai dialoghi e ci mette pure il pepe, preparando per un'ora e tre quarti un colpo di scena che in realtà è pero' assai meno dirompente e scioccante di quello che a quel punto era lecito aspettarsi. Intrigante, ma più affascinante che coinvolgente, la pellicola, illuminata molto bene con un mood autunnale di colori che virano al giallo ocra nelle scene notturne e al verde acido negli interni, carica una bomba a orologeria senza sparare nemmeno un colpo di pistola seguendo le indagini di Gunther Bachmann, capo dell'«agenzia per i lavori sporchi» di un'unità di spionaggio tedesca. Bachmann segue le tracce di un ex combattente ceceno, arrivato ad Amburgo clandestinamente: l'agente segreto è sicuro che il ceceno possa condurlo a pesci molto più grossi...
Thriller livido girato in una città-scacchiera, dove tutti sono pedine, attori e comparse del film di qualcun altro, «La spia» (che circonda Seymour Hoffman di un cast super lusso: da Robin Wright a Rachel McAdams e Willem Dafoe, passando per i tedeschi di caratura internazionale Daniel Bruhl e Nina Hoss), tratteggia un bellissimo perdente: uno 007 sbattuto e tradito distante anni luce dal modello glamour di Bond, con la camicia che stringe sulla pancia, sempre lo stesso impermeabile in dosso e la sigaretta perennemente tra le labbra. Uno che corregge il caffè con il whisky e non si fida di nessuno: ma per difendere una donna sa ancora tirare un cazzotto. Uno come Philip Seymour Hoffman: che non smetteremo mai di rimpiangere, che non finirà mai di mancarci.