Tutto il mio folle amore: L’AVVENTURA di volersi bene
È un on the road rocambolesco, un viaggio alla riscoperta della paternità negata, ma anche l’incontro tra due personaggi a loro modo emarginati ma mai marginali, il nuovo film di Gabriele Salvatores, che porta sullo schermo, tradendolo profondamente, il romanzo «Se ti abbraccio non avere paura» che Fulvio Ervas ha tratto da una storia vera, la sua.
Dentro a «Tutto il mio folle amore» (titolo preso in prestito da un verso di una canzone di Modugno scritta da Pasolini) - storia di un padre (Claudio Santamaria) che «rapisce» il figlio autistico che non ha mai visto -, il regista di «Mediterraneo» ci mette molte cose, anzi troppe: mille canzoni, gli immigrati, l’incontro con la morte, quello con il sesso, la poesia, la famiglia allargata, una comune che vive di baratti, la tenerezza. Il risultato è un film a tratti toccante ma più spesso squilibrato, sbagliato magari per generosità, ma davvero troppo caricato in certe situazioni e in alcuni personaggi.
Resta, nitida, l’avventura di volersi bene: ma «Tutto il mio folle amore», più riuscito nei momenti comici che in quelli drammatici, è un’auto in discesa a cui i freni funzionano a intermittenza.