Le lettere di Yimou: il melodramma made in China
E' un film fatto di incontri mancati, di attese inutili, di abbracci, continuamente e fatalmente, rimandati: di sguardi che non riescono mai a incrociarsi e quando finalmente lo fanno non sanno più riconoscersi, scoprendosi - amaramente -, estranei, altri, vinti. E' un toccante melodramma politico, l'ultimo lavoro di Zhang Yimou che nell'amnesia di una donna (Gong Li, l'amata musa ora quasi 50enne, con cui non girava dal 2006) coglie quella, collettiva (con una metafora cara non solo al cinema di Pechino: vedi ad esempio recentemente il tedesco «Il segreto del suo volto»), di un'intera nazione, di un popolo, di un'epoca: accarezzando le cicatrici profonde lasciate dalla rivoluzione culturale, trauma ancora non superato (e forse insuperabile) di un Paese che fatica a fare (e chiudere) i conti con il suo passato.
Nella Cina che ballava sulle punte imbracciando il fucile, dove il partito veniva prima di tutto, la storia di un intellettuale che torna a casa dopo molti anni di prigionia: vorrebbe solo ricongiungersi alla moglie, ma lei non lo riconosce...
Fatto suo il dramma dell'identità di chi è solo il volto mancante di una vecchia fotografia, e tradito e dimenticato dai suoi stessi affetti, reso invisibile al presente dal vento riformista che ha azzerato tutto, cancellato ogni memoria, congelato per sempre i sentimenti, è costretto a fingersi qualcun altro per riappropriarsi di qualche barlume di sé, Yimou, rispettato il triplice punto di vista (marito, moglie e figlia) di una famiglia che (purtroppo) sono tante, gira con «Lettere di uno sconosciuto» (pessimo il titolo italiano che richiama alla memoria, in maniera scorretta, un capolavoro di Ophuls) un film malinconico e classico che non conosce happy end.
Più prudente e composto rispetto ai capolavori degli anni '90, il maestro cinese (che ora progetta un kolossal da 135 milioni di dollari sulla costruzione della Grande muraglia con Matt Damon e Willem Dafoe), persa negli anni un po' di forza, sa però ascoltare i dialoghi muti dietro una porta inesorabilmente chiusa e dare un senso e un peso all'assenza. Lasciando che la sua attrice prediletta corra invano urlando - come la Magnani nella sequenza mitica di un cinema che spaccava i cuori - verso un amore che non può più raggiungere.