The Substance, il body horror politico e splatter
La pelle, la carne. E, ovviamente, il sangue. L'ossessione della bellezza e l'incubo - atavico ma mai così contemporaneo - di invecchiare. Il tema del doppio e lo specchio delle mie brame. E poi Cronenberg, «Il ritratto di Dorian Gray» e l'elisir di eterna giovinezza: metti nel frullatore, aggiungi la musica techno e premi play. E la vedrai lì, verde come la speranza proibita, «la sostanza». Il fluido miracoloso che dà vigore al film plastico, dopato e iperrealista della francese Coralle Fargeat, regista arrabbiata (non da oggi), autrice di questo abbagliante horror sul corpo in cui il b-movie incontra il cinema più politico, là dove una società costruita sullo sguardo e sul desiderio maschile esercita una quotidiana (e quasi banale, drammaticamente scontata) violenza nei confronti di un universo femminile costretto a inseguire una perfezione impossibile per non perdere valore agli occhi altrui e venire messo fuori gioco, finire mestamente fuori dall'inquadratura.
Cinema di genere (ma «degenere», perché alterato, «altro»), quello in cui si specchia con sempre maggiore preoccupazione «The Substance» è il tonico e fasullo mondo dell'apparenza (dove la «sostanza» nutre la forma) che manda in prepensionamento senza tanti complimenti l'ex star di Hollywood Elisabeth, 50 anni, licenziata dal suo programma di aerobica. Disperata, decide allora di sperimentare una terapia misteriosa grazie alla quale riesce a generare una versione nuova - e soprattutto molto più giovane - di sé: la bellissima Sue, con la quale ora però dovrà dividere la propria vita, una settimana per una...
Tagli violenti, primi piani deformati (quelle bocche, quei denti...), l'uso disturbante del sonoro: preso le mosse dalla Walk of Fame (il successo logora chi non ce l'ha...più), l'audace body horror della Fargeat gioca coi dettagli su inquadrature insolite: un cinema pop e iconoclasta - spietato e accattivante - quello della regista francese che, all'opera seconda, continua (come nel precedente «Revenge») a inseguire il sogno (proibito) della rinascita. Premiato a Cannes (miglior sceneggiatura), «The Substance», fiaba dark femminista, ha il solo limite di prolungare un po' troppo lo sberleffo splatter della seconda parte, quando, mentre l'altra che sei si divora la vera te, l'horror pretende il suo tributo di sangue. Ma illuminante resta la scelta delle interpreti: una Demi Moore che con coraggio si mette a nudo a 60 anni, mettendoci la faccia e tutto il resto (calandosi in un personaggio con cui ha più di una similitudine) opposta alla sfacciata giovinezza della neo-stella Margaret Qualley, con tanto di protesi nei punti giusti per smascherare la smania di una perfezione che non solo è malata, ma letale.