Dante, il giovane favoloso che sapeva il nome vero delle stelle
Non il Sommo, ma l'esule, l'innamorato infelice, il rifiutato, il dimenticato, «traditore» a sua volta tradito, senza averi, né perdono né patria, che non fosse la sua straordinaria poesia. Sta (giustamente) lontano dal mito, quello ingessato dell'interrogazione di italiano alla terza ora, e cerca - nei tormenti del giovane favoloso che sapeva il nome vero delle stelle - l'uomo, il disperso, lo sconfitto, facendone il personaggio non comune dell'umana tragedia, che qualcuno, non senza ardire, definisce «commedia».
Forse, a questo punto, la vera provocazione sarebbe stata quella di fare un film su Dante senza Dante: l'inchiesta su un sepolcro vuoto, il mistero incomprensibile di un talento senza uguali, l'indagine sui tasselli mancanti di quel mosaico incredibile e perfetto. Avati, che questo sogno - con ambizione e determinazione - lo ha inseguito a lungo e per lungo tempo cercato, non arriva a tanto: ma gioca comunque di sponda, non lasciandosi condizionare eccessivamente dal biopic wikipedistico, per lasciare piuttosto il «caso Alighieri» nelle mani ferite e umiliate dalla scabbia (come fossero le scomode stimmate della santità della poesia) di un riconoscente Boccaccio.
E' l'approccio giusto di un film anche toccante che viaggia nelle lande a volte desolate della memoria, tra le tracce di un'arte, che per quanto immensa, è di per sé stessa, sempre mendicante. Ma che d'altra parte ha anche zavorre pesanti (la voce off, che lo rende inutilmente didascalico), inciampi e stonature evidenti (Beruschi doppiato, la sequenza onirica che ha per protagonista Beatrice, altrove invece magnetica), volti deturpati più dalla chirurgia plastica che dalla peste. Problemi che l'84enne regista bolognese prova, pur con eccessiva prudenza, a superare con la sincerità e il trasporto dell'operazione, la prova partecipata degli interpreti (Sergio Castellitto è Boccaccio, ma ci sono anche i nostri Mauro Coruzzi, nella parte di un monaco, e Alberto Petrolini), le intuizioni (il dipinto che prende vita) stilistiche e pittoriche. Nella consapevolezza che - nel silenzio e nella solitudine di Dio -, non è solo l'amore, ma è anche il poeta, l'artista, il visionario, che «move il sole e l'altre stelle»