Ritorno a Parma: quando la Cardinale era la ragazza con la valigia
I ragazzini con le braghe corte si nascondevano sul Lungoparma, dietro le piante o sulle panchine, a ingannare il caldo e l'attesa. Dicono che lì davanti al Jolly Hotel, in quel 1960, andassero in tanti: solo per vederla uscire, appena in tempo per strapparle un sorriso. O magari per sospirare davanti al suo ineguagliabile broncio. Lei, Claudia, che era nata Claude, passeggiava per Parma che sembrava quasi volasse: bella da far male, di anni ne aveva appena 22, ma aveva già lavorato con Monicelli, Germi, Visconti e Bolognini. I maestri, insomma. Non lo sapeva allora, ma il meglio, per quanto potrebbe sembrare incredibile, doveva ancora venire. Ci volle un incontro: quello con Valerio Zurlini, regista grandissimo e discreto (e assurdamente, forse proprio per questo, in qualche modo dimenticato) che la scelse, raccontano, contro il parere di molti, forse di tutti. Dando in regalo a questa italiana di Tunisi a cui l'accento francese increspava le parole un ruolo difficile, complesso, vitale ma «disperato» anche nella sua tenerezza, nella sua, amara, verità: quello che può trasformare un'immagine su uno schermo in una grande attrice.
Mica è facile dire o stabilire quand'è che una ragazza che non voleva fare cinema e alla fine si è ritrovata a girare più di 100 film diventi una diva, volto, cuore e motore della stagione più gloriosa ed emozionante del cinema italiano: ma se un momento c'è stato, se un istante va fissato, allora è successo lungo la via Emilia, in quel capolavoro di architettura neoclassica che è Villa Tedeschi, quando di fronte non c'era l'insegna del McDonald's ma era davvero - come si dice - tutta campagna. A Claudia basta scendere le scale: celeste Aida in accappatoio bianco, in testa un asciugamano che sembra un turbante. Colpo di fulmine, coup de foudre: di lei si innamora Jacques Perrin, il sedicenne Lorenzo, ma con lui anche milioni di italiani. Ancora adesso, che basta guardarla quella scena per capire che è lì che cambia tutto: che quell'accappatoio bianco non avvolge più solo una giovane e splendida donna, ma anche una star.
La stessa che a 54 anni di distanza dalla mitica prima al Teatro Regio de «La ragazza con la valigia» (un classico che figura tra i 100 film italiani da salvare...) tornerà ora, il 24 aprile per l'esattezza, nel tempio della lirica per rivivere e rivedere - in un'affascinante e suggestiva serata di gala color nostalgia - il film che l'ha resa famosa. Una notte-evento tutta per lei, Claudia Cardinale, mito vero del cinema di tutti i tempi: e per i parmigiani, pronti a riabbracciare (non più in calzoni corti ma in abito scuro) quella ragazza col sorriso aperto che nella valigia ora porta un mare di ricordi, premi, storie.
E dire che accadde davvero tutto per caso: come nelle migliori occasioni. Nata a Tunisi da genitori siciliani, la Cardinale a 17 anni vince un concorso di bellezza a cui nemmeno si era iscritta: la vedono nel retropalco, le mettono la fascia e tanti saluti. Il premio è un viaggio a Venezia, durante la Mostra del cinema: un giorno al Lido va in spiaggia in bikini e si scatena il caos. Fotografi, interviste, caccia alla bellezza misteriosa: le chiedono se è lì perché vuole fare del cinema e lei risponde che non ci pensa nemmeno... Le cose vanno diversamente, però: la sua straordinaria fotogenia non passa inosservata. Ha un volto che buca, un sorriso che conquista: la convincono a frequentare il centro sperimentale. A Roma scopre tante cose: anche che sul bus è in voga la mano morta... Ma non è una che le manda a dire: sul set del suo primo film - «I soliti ignoti» -, dove interpreta la bella Carmelina, segregata in casa dal gelosissimo fratello, rifila un pugno in faccia a Renato Salvatori andando un bel po' oltre il copione. «Ero un maschiaccio - dirà poi -, assolutamente aggressiva: e ancora non capivo una parola d'italiano». Ma va bene lo stesso: la vogliono tutti. Mastroianni si innamora perdutamente di lei (e si becca un due di picche), Visconti la dirige in «Rocco e i suoi fratelli», i francesi, ammirati, la chiamano CC in contrapposizione alla loro amatissima BB.
Sono gli anni '60, quelli del boom e del grande cinema: e la Cardinale i film che contano e restano, li fa praticamente tutti. Da «Il gattopardo» a «La ragazza di Bube», da «Il giorno della civetta» a «C'era una volta il West», dove Leone la consegna alla mitologia del cinema. Passando, naturalmente, prima, per Parma. L'incontro con Zurlini è fondamentale: «Mi capiva da uno sguardo. Mi ha insegnato tutto, senza impormi niente». La Cardinale non si ferma più: lavora con Fellini (in «Otto e mezzo» per la prima volta non recita doppiata), Zampa, Ferreri. E sul set de «I guappi» incontra Pasquale Squitieri: sarà (dopo la lunga relazione con Cristaldi) un grande amore. La ragazza ora è nonna, ma la valigia è sempre pronta: salta ancora da un set all'altro, si dà al cinema con generosità. E nella sua risata che profuma di leggenda c'è un mondo intero: e il segreto di chi ha vissuto davvero.