Money monster, il film che prende in ostaggio la finanza
Prendi un <hostage movie>, fagli incontrare il thriller morale, portalo a spasso nel mondo lurido della finanza (calamita negli ultimi anni per tanto cinema Usa) e poi manda tutto in diretta, nella critica live, dove cade ogni maschera, del quinto potere. <Money monster> è così: gioca a fare il film di genere, ben confezionato, col suo montaggio sostenuto, ma sotto sotto butta lì gli ami dell'impegno - dai disastri della televisione spettacolo alle logiche incontrollate e malvagie del profitto, grande Satana dei nostri tempi - nel mare magno del mainstream. Abboccare non è peccato, perché le intenzioni della diva Jodie Foster, qui alla quarta prova da regista (tra un film e l'altro ha anche diretto un episodio di <House of cards> e un paio di <Orange is the new black>), sono oneste: ma il suo film, pure se teso e non privo di colpi di scena, è tutto sommato convenzionale (ne abbiamo visti milioni) nonché, a lungo andare, piuttosto improbabile.
Appena presentato fuori concorso a Cannes (dove la Foster è tornata a 40 anni esatti dalla prima di <Taxi driver>, il film che la lanciò), <Money monster> racconta di un uomo che, dopo avere perso tutto quello che aveva in Borsa, prende in ostaggio durante una diretta il presentatore di una trasmissione televisiva che, tra il serio e il trash, parla di investimenti. Lo sconosciuto ha una bomba e minaccia di fare saltare tutto: ma forse sta sbagliando bersaglio...
Girato in tempo reale, il film della Foster cerca l'algoritmo dell'avidità presentandosi alla resa dei conti di una società dove a pagare sono sempre e solo i piccoli risparmiatori: il tema è nobile, ma certe scorciatoie di sceneggiatura e il cotè da film commerciale (con tanto di divi: George Clooney è il conduttore, mentre Julia Roberts - che gli suggerisce come Boncompagni ad Ambra -, la sua produttrice), relegano il film più nel cinema medio che non in quello d'autore.