Se Ken il rosso ti invita al gran ballo della libertà
Va in giro a dire che questo sarà il suo ultimo film e in bocca a lui suona più come una minaccia che come una promessa: perché di un idealista come il 77enne Ken Loach, dissidente con la pellaccia dura allergico al pensiero dominante, il cinema può sempre avere bisogno.
Tradotta per immagini la piece teatrale di Donal O' Kelly, Ken il rosso ambienta nell'Irlanda di una decina d'anni dopo dai fatti narrati ne <Il vento che accarezza l'erba> - Paese diviso e pieno di cicatrici che nemmeno la fede può tenere unito -, un film lineare e scolastico, ma colmo d'orgoglio, dove la rivoluzione di fa anche ballando. O magari leggendo, tutti insieme, un libro.
E' ancora questione di terra e libertà in <Jimmy's hall>, che sfrutta un tòpos del cinema di ogni tempo - il ritorno a casa dell'eroe -, raccontando la storia vera del ribelle Jimmy Gralton, che dall'America rientra nel '32 nella natia Irlanda. Dove ora regna la pace, ma non è cambiato nulla: i proprietari terrieri fanno ancora la voce grossa e la chiesa aiuta solo il più forte. Allora Gralton decide di ricostruire il dancing del paese, ormai abbandonato: dove si balla, si studia, si discute. Una piccola oasi indipendente che scatenerà una vera e propria caccia alle streghe.
Giocato sul confronto tra l'ateo che amava il prossimo suo e il prete che credeva che il jazz fosse il demonio (avversari acerrimi che conoscono però il significato del rispetto), il film di Loach è didascalico ma moralmente importante, nella lezione civile di chi ribadisce all'oggi la necessità inalienabile della difesa della (libera) cultura e della trasmissione del sapere. Perché sì, la scuola può anche bruciare: <Ma quello che hai imparato non lo scordi più, te lo porti dentro>.