In memoria di Luigi Lagrasta, l'uomo che amava il cinema
Non ha mollato mai un secondo. Nemmeno per un attimo. Sempre sul pezzo, sempre ritto sulla barricata. Anche in ospedale, dove era stato ricoverato per alcuni giorni nelle scorse settimane: il cuore era ballerino, ma non era questo a preoccuparlo. Piuttosto, anche lì, tra un controllo e l'altro, pensava alle future rassegne, ai film in lingua originale (che era stato tra i primi in Italia a «sdoganare»), a scovare qualche pellicola per tenere duro anche adesso, soprattutto adesso, che Covid e quarantene svuotano le sale. Ho visto piangere gente che non piange mai: ma per Luigi sì, per Luigi, accidenti, sì. L'ultima volta che ci siamo scritti mi ha ringraziato per una recensione che avevo appena pubblicato: mi ha detto, «ottima medicina». Avrei voluto lo fosse davvero, che bastasse così poco. E invece no. Invece sabato mattina il cinema ha perso Luigi Lagrasta, 73 anni, il presidente - e l'anima - del cineclub d'Azeglio: la vecchia sala parrocchiale, praticamente abbandonata, che quasi 50 anni fa, con alcuni amici, aveva riportato alla vita. Trasformandola in uno dei principali poli e presidi culturali della città, un vero faro in un Oltretorrente che aveva bisogno di luce. Un passato in Barilla, a cui rimase fortemente legato, e, da sempre, quella magnifica ossessione per il grande schermo: «colpa» degli ingressi omaggio che regalavano a suo padre. Lui i suoi tre fratelli si dividevano a coppie: andavano in due cinema diversi e poi si scambiavano le tessere. Per vedere due film al giorno. Chi lo conosce lo sa: al cinema ha dato tutto. Tempo, passione, forse anche qualche attacco di bile. E pazienza se un brutto giorno la pandemia ha fatto chiudere le sale, che nemmeno la guerra c'era riuscita: «Dobbiamo combattere, dobbiamo resistere», diceva. Lui lo ha fatto sempre, tutta la vita: perché per questo gentiluomo cortese, signore d'altri tempi dall'ironia affilata e dai modi garbati, grande esperto d'arte e amico degli animali, il cinema non era un hobby, ma una missione. Era tra quelli (e noi con lui) che credeva ancora al rito collettivo della sala, alla proiezione come elemento aggregante, dal valore non solo culturale ma sociale. Altro che lo streaming, altro che le piattaforme con i film da vedere mentre si messaggia e il telecomando per schiacciare il tasto «pausa» per andare in bagno. Una delle ultime volte che ho visto il D'Azeglio strapieno è stato lo scorso novembre, quando Alessandro Borghi ha ritirato il Premio Schiaretti: una sua invenzione, un riconoscimento, dedicato a un nostro indimenticato collega, attraverso il quale Lagrasta era riuscito a portare a Parma alcuni tra i più amati protagonisti del nuovo cinema italiano. Per Borghi, un vero evento, si erano prenotati in tantissimi: non ci sarebbe stato nulla di male, considerato le difficoltà odierne delle sale a causa del Covid, a fare pagare un biglietto. Ma Luigi ha detto no: «E' un regalo alla città». E di regali alla comunità, Lagrasta ne ha fatti tanti: non solo le serate tirate a lucido del premio Schiaretti, ma anche le molte rassegne dedicate alla Storia del cinema per le quali il D'Azeglio aveva ottenuto per tre anni consecutivi il primo premio dal ministero dei Beni culturali. Luigi chiedeva finanziamenti a istituzioni e aziende del territorio pur di potere fare entrare gratis gli spettatori. La cultura come servizio pubblico. Ricordo una proiezione di «Arancia meccanica»: una folla. In tanti restarono fuori. Dentro, in sala, il più vecchio avrà avuto 25 anni: tutti ragazzi. E Luigi, un po' commosso. Ma le iniziative che fanno onore a questo stacanovista del grande schermo, sono molteplici: dai film per gli «ex ragazzi» (gli over 55) al cineclub per i bambini. Rassegne dal forte valore sociale a cui Luigi teneva tantissimo. Uno dei suoi fiori all'occhiello, come i già citati «original ones», i film in lingua originale, appuntamento irrinunciabile. E poi la lunga attività per l'Acec dell'Emilia Romagna, l'associazione cattolica degli esercenti cinema. Nell'ultimo anno si era occupato anche del cinema Cristallo a Reggio Emilia e del Bellinzona a Bologna. Ma ora la sala è più vuota, la pellicola si strappa, il film ha un brutto finale: sta a noi renderlo migliore. Difendendo a spada tratta quell'idea di cinema per cui Luigi si è sempre battuto. E' il miglior modo per ricordarlo.