La giovinezza: l'irresistibile tentazione di un ultimo palleggio
<Uomini, animali, piante: che differenza fa? Siamo tutti dei figuranti>.
In un luogo che è nessuno e insieme tutti, dove <le emozioni sono sopravvalutate> e la leggerezza <una tentazione irresistibile>, la sfacciata arroganza della (grande) bellezza incontra, sulla pedana circolare della vita che resta - sfinito girotondo -, il corpo sfatto della malinconia, che poi è il destino di non essere capiti, di essere, semplicemente, <passati>. Come il tempo, che ti sfugge quasi fosse acqua tra le mani, corre, scappa senza voltarsi indietro. Come i ricordi, che verranno dimenticati, cancellati: quella ragazza tempo fa, le battute di un film, persino un palleggio mancino che ti pareva potesse durare un'eternità. Tutti quegli sforzi per nulla, tutti quei gesti - una volta sicuri, certi, definitivi - smarriti in un'inevitabile decadenza: tutte quelle cose - i sentimenti, le parole mai dette, i rimpianti - che, forse, non si possono più aggiustare. Nel loop del disincanto, dove però, nonostante tutto, si resta ancora aggrappati (come in <Mia madre> di Moretti) al domani. E si scende a patti col presente che, ora e dopo, è l'unico vero futuro possibile.
E' come una carezza data ai figli mentre fingono di dormire, <La giovinezza>: una visionaria, potente, antinarrativa (e a tratti autoreferenziale), riflessione sul tempo che muore, tra orrore e desiderio, canzoni de <Il tempo delle mele> e mucche <musicali>, Novalis e Stravinskij, Hitler e - persino - (il sosia di) Maradona...
Surreale, felliniano (se <La grande bellezza> aveva più di qualcosa in comune con <La dolce vita> qui il termine di paragone è <8 1/2>), inventivo, il nuovo, attesissimo, film di Paolo Sorrentino, struggente e divertente allo stesso tempo, ci porta in un resort di lusso sulle Alpi: quello dove trascorrono le vacanze due vecchi amici, un direttore d'orchestra che si è ritirato dalle scene e un regista che vuole girare il suo film testamento.
Scritto e diretto dal regista napoletano (già pronto a una nuova avventura, la serie per il piccolo schermo <Young Pope> con Jude Law) con l'abituale, meravigliosa, fotografia, di Luca Bigazzi e un supercast di levatura internazionale (Michael Caine truccato da Servillo, Harvey Keitel, Rachel Weisz, Paul Dano e persino Jane Fonda), <La giovinezza>, dedicato a Francesco Rosi e realizzato anche col contributo della Barilla, si muove tra alto e basso, serio e grottesco, vanità e rassegnazione, riproponendo un'idea estetica di accecante perfezione e di lirica pulizia: il limite piuttosto, rispetto a un capolavoro come <La grande bellezza> (più sorprendente e toccante), è nella presunzione stavolta tenuta meno a freno, in quell'essere a tratti <piacione>, nel risultare a volte sentenzioso e un po' troppo innamorato di se stesso.
Ricco di trovate, vitale anche nella sua <decadenza>, bello, anche bellissimo, <La giovinezza>: ma un po' paraculo, per dirla come va detta.