Interstellar: un'odissea metafisica in cerca di un altrove possibile
<Non andartene docile in quella buona notte. Infuriati, infuriati contro il morire della luce>.
Nell'epoca alla fine, che respira sabbia e veleno, tra piaghe e flagelli del nostro divenire, la madre Terra, impazzita, nega il suo passato senza potersi più permettere di credere al futuro: ma a cosa serve salvare il mondo se non puoi proteggere chi ami? Dentro (e oltre) l'oscurità in cui il segreto è più grande e il presente è solo il fantasma del domani dei tuoi figli, un film appassionante e potente come il mistero che racconta: un viaggio omerico alla ricerca di un altrove possibile, là dove anche il cuore molle del tempo (che, inesorabile, passa) è trafitto da sentimenti che resistono all'oblio.
E' un film di grandi sfide (e grandi domande), una pellicola sulla fede (nell'uomo, soprattutto), sui legami indissolubili del sangue e dell'affetto, su una resurrezione intima e morale (oltre che collettiva) che supera le barriere spazio-temporali, il fanta kolossal conradiano e pionieristico del geniale regista de <Il cavaliere oscuro> e <Inception>: un'avventura metafisica e spettacolare che ci porta per mano nel centro esatto dell'ignoto (e di ogni dubbio), ai confini di un sapere che non ha ancora risolto l'equazione della speranza.
Mix avvincente e riuscitissimo di fantascienza filosofica e umanista (c'è più Malick che Star Wars), dramma familiare, space odissey, astrofisica (le teorie di Kip Thorne, qui produttore esecutivo e già ispiratore di <Contact>), Dylan Thomas, legge di Murphy e teoria della relatività, <Interstellar> ambienta in un futuro plausibile la storia di Cooper, un ex astronauta chiamato a partecipare a un'ultima missione: divorato dalla carestia il mondo sta morendo, occorre trovare un altro pianeta da chiamare casa. Partire però potrebbe significare dire addio ai propri figli...
Nel destino atroce del non più rivedersi, l'elegia della nostra determinazione e della nostra fragilità, tra l'istinto di sopravvivenza di una razza non sempre umana e il <coming home> (pietra angolare della cultura Usa) a stelle e strisce: Nolan non è Kubrick, d'accordo, ma, pur forzando il gioco nella seconda parte, gira un film epico e insieme intimista, fondo, denso, toccante, anche spirituale. Complice anche l'attore del momento (Matthew McConaughey, reduce dall'Oscar per <Dallas buyers club> e la serie di culto <True detective>), il regista di <Memento> mira altissimo e non bada a spese: ogni minuto del film è costato quasi un milione di dollari. Ma alla fine non c'è un centesimo che diresti sprecato.