American sniper: l'infallibile mira del pistolero Clint
<Sta a te decidere>.
La solitudine del cecchino prima di premere il grilletto. Vita o morte, senza rimpianti, in un'esistenza appesa al cielo (e a un filo): sparare o non sparare, questo è il dilemma. Che un giorno ti ritrovi 170 di pressione, una taglia da 180 mila dollari sulla testa e un soprannome guadagnato sul campo, colpo su colpo: <Leggenda>. Ma poi scatti anche solo al rumore di un tosarerba... Che mica lo sanno, là fuori, che non è facile per niente la vita del cane pastore: tutti i giorni a vegliare sul gregge dalla ferocia dei lupi, tutti i giorni a proteggere le <pecorelle> smarrite. Storia (vera) dell'uomo che voleva salvare tutti ma perse se stesso: solo l'ultimo pistolero, Clint Eastwood, gigante del cinema che amiamo, poteva raccontare la parabola, amara e antiretorica, del tiratore scelto Chris Kyle. E sviscerare - in un bellissimo film dove non conta tanto quello che gli uomini fanno in guerra ma piuttosto quello che la guerra fa agli uomini - contraddizioni ed etica profonda del mestiere delle armi.
Texano dagli occhi di giaccio, Kyle si arruola nei Seals e viene spedito in Iraq: dove diventa l'arma letale della missione a stelle e strisce. Cecchino dalla mira infallibile, uccide 160 persone, tra cui donne e bambini (usati come <bombe umane>), salvando però la vita a migliaia di commilitoni: ma ogni volta tornare a casa è più dura...
In una tormenta di sabbia che confonde le ragioni e i torti, Eastwood in <American sniper> sposa il punto di vista di un protagonista di cui coglie la fede come anche la fragilità, e fa di un figlio di un'America rurale tutta chiesa e patria, dove si diventa uomini andando a caccia e tenendo le chiappe strette su un cavallo da rodeo, una versione deformata, oltre che virile, mortale e fisicata, di quel giovane Holden che voleva prendere al volo i ragazzini che stavano per cadere nel dirupo. E nell'inconsapevole tentazione di Kyle di sostituirsi a Dio, di essere l'angelo custode (inevitabilmente imperfetto) degli all american boys, il vecchio Clint (84 e non sentirli) parte, riavvolge e riparte, alternando le sequenze di combattimento (splendida quella del primo confronto tra cecchini, dove tiene aperti contemporaneamente tre <fronti>, vera e propria lezione di montaggio e di racconto cinematografico) a quelle familiari, girando un film essenziale ed emozionante in cui, con la necessaria complicità di Bradley Cooper (che, messi su 20 chili di muscoli, è stato il primo a credere nell'operazione opzionando i diritti dell'autobiografia di Kyle), riflette sul rapporto invisibile che lega (per sempre) chi sta da questa e dall'altra parte del mirino, tra chi guarda e chi è (senza saperlo) guardato, là dove non è difficile scorgere nel cannocchiale di un fucile la metafora dell'obiettivo (che <spara> all'immagine eternandola) di una macchina da presa: perché l'occhio uccide ancor prima del grilletto.