Abbagliante e animalesco: Mad Max è vivo e lotta insieme a noi
Iconico, debordante, abbagliante. Oltre che arido e assetato. E dire che sarebbe potuto durare 450 ore, da tanto materiale hanno girato. Ma state tranquilli, vi è andata bene: è servito un lunghissimo e certosino lavoro di montaggio ma alla fine lo hanno ridotto ai più che canoni 120 minuti, serratissimi e piuttosto divertenti tra l'altro. Tornato 30 anni dopo sul luogo del delitto, George Miller riprende in mano la leggendaria saga di «Mad Max» e gira un film esaltato e animalesco, esplosivo e instancabile (anche nella sua disperazione), dove il western post apocalittico incontra il cinema mitologico (tra futuristici gladiatori e influenze nordiche nel segno e nel sogno del Valhalla): una sorta di un unico, violento e a tratti entusiasmante inseguimento - prima verso l'illusione di una terra promessa, poi a ritroso - in cui il regista riscrive (come già fece nel '79 con «Interceptor») le regole dell'action, decretando la superiorità dell'immagine sulla parola (i dialoghi sono ridotti all'osso) e del corpo sull'anima, in una concezione cinematografica ultra spettacolare dove l'unico istinto possibile è quello di sopravvivere.
Girato nel deserto della Namibia per 7 mesi (per il primo della serie furono sufficienti 12 giorni...), con 150 veicoli uno più bello dell'altro nella loro rivisitazione postmoderna, «Mad Max: Fury Road» è un film impetuoso e primordiale che fa muovere in un domani devastato dove si uccide per una goccia d'acqua due eroi in cerca di redenzione: l'Imperatrice Furiosa (una carismatica Charlize Theron, rasata a zero,, vero motore della storia) che aiuta alcune ragazze incinta a scappare da un crudele tiranno e Max (Tom Hardy nel ruolo che lanciò Mel Gibson), solitario «ribelle» che, suo malgrado, darà loro una mano.
Polvere, sabbia, sangue, fiamme, fumo: in un mondo alla fine del mondo, un film, virato ocra di giorno e spettrale di notte, che schiaccia sull'acceleratore (splendida la prima mezz'ora, tutta d'un fiato) in cerca di un altrove che nemmeno c'è: impetuoso ed eccessivo, femminista e non privo di rimandi all'attualità più scottante (la tratta delle schiave, il fanatismo guerriero-religioso, la salute del pianeta...), l'avventura di Miller è un bombardamento sonoro e visivo da cui si esce sopraffatti. E leggermente rintronati.