The greatest showman: il visionario che inventò il circo
Era il principe del dissenso e dell'insolito, il figlio del sarto ossessionato dalla rivincita, l'elegante e visionario <impostore> che non aveva limiti, se non quelli dell'immaginazione. Ma anche il maestro dell'arte più nobile: quella di rendere felici gli altri. E' curioso come il cinema, che al circo ha dedicato capolavori, abbia invece nutrito sempre poco interesse per l'uomo che inventò a metà '800 <il più grande spettacolo del mondo>. Prova a rimediare, raccontando quella vita pirotecnica come fosse una favola pop, <The greatest showman>, il biopic in forma di musical - tra vecchi, classicissimi, fondali e grandi, smisurati, sogni -, che il deb Michael Gracey ha dedicato a P.T. Barnum, l'ex impiegato che ebbe l'ardire di cedere all'irresistibile tentazione di credere in se stesso.
La donna barbuta, i fratelli siamesi, l'uomo più alto del mondo, quello più tatuato (no, non è Fedez...): e un elefante sulla cui groppa andare magari a teatro... Paladino (o sfruttatore? Sul dilemma il film non insiste, anzi quando può svicola) degli emarginati, imprenditore del bizzarro, l'uomo del circo rivive sulle note di un film dalla scrittura un po' facile, ma visivamente affascinante. L'esempio di <Moulin rouge> resta lontano: ma alcune canzoni hanno gambe lunghe per camminare anche fuori dallo schermo, molti numeri sono spettacolari e l'interpretazione dinamica di Hugh Jackman sa dare la scossa quando la pellicola, candidata a 3 Golden Globes, rischia di appiattirsi. Dalla parte dei freaks e dei diversi, gli X-men senza poteri dell'iperbole e della stravaganza, <The greatest showman> rifugge dalla voglia (matta e malata) di essere, ieri come oggi, accettati, omologati. La vita, si sa, è un triplo salto mortale: e nessuno paga il biglietto per applaudire la normalità.