L'abito fa la Carrà: tutti i vestiti della Raffa nazionale, l'ombelico del mondo
Forse ha ragione Pedro Almodovar, uno dei suoi fan più celebri ma anche più accaniti: <Non è una donna, è uno stile di vita>. L'ombelico del mondo, la showgirl totale, la ragazza che si faceva beffe della censura ballando, in epoca ancora assi repressa, il tuca tuca. La stessa, che anni dopo, sfidava gli italiani a indovinare quanti fagioli ci fossero in un barattolo. Un fenomeno di costume la Raffa nazionale, nata Pelloni e poi ribattezzata Carrà. Immutabile quanto il suo famoso caschetto biondo, amata dalle casalinghe e dagli intellettuali, icona gay e rassicurante volto tv, imitata, copiata e ammirata, oltre che remixata (con vista sull'Oscar) persino da Bob Sinclair. Fedele a se stessa, Raffaella Carrà, sempre: ma abbastanza coraggiosa da reinterpretarsi puntata dopo puntata, abito dopo abito. Un calcolo approssimativo rivela che nella sua lunga carriera abbia indossato oltre tremila vestiti: tanti, tantissimi. Ora una mostra – la prima che il mondo della moda le dedica - ne mette insieme circa 40, tra cui alcuni dei più emblematici: quelli, che più di molte parole, raccontano e spiegano la costruzione del <fenomeno Carrà>. Le audaci creazioni degli anni '70 che poco lasciavano all'immaginazione, le cascate di luccicanti paillettes, le minigonne di pelle: il rosso delle dive, l'oro delle star e poi, ovviamente, il bianco e il nero. E ovunque la stessa voglia di osare, di stupire. C'è molto di Raffaella Carrà in <Iconoclasti>, l'esposizione (aperta fino a domenica nel Teatro 1 di Cinecittà, a Roma) che studia lo stile di una delle regine della tv (ancora oggi, 75enne, in auge) nell'opera di costumisti e couturier che ne hanno alimentato il mito: dai grandi – per citarne solo alcuni - Danilo Donati e Piero Tosi a Corrado Colabucci, passando per Luca Sabatelli e per le felici incursioni di stilisti quali Renato Balestra e Gattinoni.
Curata e allestita da Fabiana Giacomotti, autrice e direttore scientifico del master in Teoria e strategie della moda a La Sapienza, specialista di costume televisivo, con la collaborazione di Annalisa Gnesini, giovane curatrice che ha collaborato a numerose mostre di moda e costume in Italia e all’estero, <Iconoclasti>, uno dei pezzi forti dell'ultima edizione di Altaroma (dal cui sito è tratta la foto, di G. Palma / Luca Sorrentino), <spoglia>, attraverso abiti, accessori, oggetti, video (selezionati tra oltre 19mila contributi di Rai Teche), foto, e i bozzetti dei più grandi costumisti televisivi e cinematografici, i segreti di una donna che, tra eccessi e ironia, divenne di moda più della moda stessa. Quaranta costumi selezionati fra oltre quattrocento, provenienti dall’archivio storico della Rai, di Annamode, della sartoria The One, e di Collezioni Carrà di Giovanni Gioia e Vincenzo Mola, di cui la maggior parte mai esposta fino ad oggi, che permettono di stabilire connessioni e identificare le ricorrenze formali del fenomeno Carrà, capace di influenzare, a sua volta, con il suo dinamici e moderno portamento, stilisti di ogni epoca. Una mostra-tributo a cui Raffaela non ha voluto (almeno all'inaugurazione) essere presente: pare abbia detto che oltre ai vestiti c'è di più. E' certamente vero: ma questi costumi, nel mondo in cui l'abito fa ancora il monaco, non l'hanno abbandonata, in qualche modo ancora la <posseggono, la rappresentano. E la raccontano: tanto quanto i suoi programmi, le sue canzoni, i suoi, eterni, sorrisi.