Suspiria: tremate tremate, le streghe son tornate
Ci voleva coraggio a <rifare> <Suspiria>, anche per uno <stalker di Argento> come lui, che ama profondamente il maestro del brivido: ma che ha saputo d’altra parte discostarsene in maniera netta,girando <un film sul terribile: della Storia e del femminile>. Chiamalo col suo nome: dopo la nomination all’Oscar e il successo internazionale, Luca Guadagnino fa del suo <Suspiria> un film esteticamente bellissimo, visionario, ipnotico, seducente: una sorta di sabba visivo dove nella notte delle streghe si agitano anche gli spettri della colpa e della vergogna del nazismo, gli incubi del terrorismo, la sopraffazione di un potere buio che non accetta di morire.
Sei atti e un epilogo nella Berlino divisa, sfregiata da una pioggia battente, interminabile: una ballerina americana (la Dakota Johnson di <50 sfumature>) viene ammessa in una famosa scuola di danza. Dove però continuano ad accadere fatti strani e inquietanti...
Lontano dai codici dell'horror come anche da quelli del thriller, eppure attraversato da una tensione continua, un fastidio, un tormento - come un'unghia che lascia la sua traccia sulla pelle -, il film di Guadagnino (che guarda, specie nella costruzione dei personaggi femminile, a Fassbinder) è ambientato nel '77, l'anno in cui uscì nelle sale il cult di Argento: girato in un hotel abbandonato, con un gusto vintage affascinante (un modernismo che pesca nell'art deco) in grado di restituire fedelmente l'alone plumbeo che avvolgeva l'Europa 40 anni fa, la pellicola, interpretata oltre che dalla Johnson, dalla musa del regista Tilda Swinton (qui in un clamoroso triplo ruolo - Madame Blanc, dottor Klemperer e Helena Marcos - rappresentazione degli archetipi freudiani: incredibile soprattutto la sua trasformazione nello psicanalista motore della vicenda...) e da Jessica Harper, la protagonista dell'originale di Argento, eleva la danza a personaggio: linguaggio nel linguaggio di un movimento che non è mai muto.
La Raf, la banda Baader Meinhof, l'ombra sempre presente dell'Olocausto, la generazione dei figli che contesta quella dei padri: da sottotesto, il discorso politico (e il pericolo di un pensiero di gruppo privo di etica) diventa via via centrale in <Suspiria> che però lo motiva un po' freddamente, sbandando in un epilogo sin troppo grand guignol. E’ qui il vero limite di un film concepito con grande ambizione, un <non remake> di oltre due ore e mezza che si autocompiace però nell’interminabile sabba finale, perdendo un po’ di vista l’obiettivo (molto alto) che si era dato.
Ma i motivi di interesse (anche se forse il film, prodotto da Amazon, faticherà a trovare un pubblico preciso) sono molteplici: dalla colonna sonora griffata da un genio come Thom Yorke (il frontman dei Radiohead) alla rappresentazione forte del ruolo delle donne che, unite, possono davvero fare paura. Ebbene sì: tremate tremate, le streghe son tornate.