Parasite, in ginocchio da te
In ginocchio da te: se c'è un film moderno, ma veramente, che sa guardare in faccia la realtà, andando al di là del suo volto più scontato per restituirne, in un crossover acrobatico di generi, non solo la scorza esteriore, ma il peso, la profondità, la paradossale (eppure accettata) pazzia, è questo.
Qual è l’odore della povertà? Quanto puzza la miseria? La lotta di classe in una pellicola prima rocambolesca e - in maniera non scontata - molto divertente, poi drammatica e infine amarissima. Meritatissima Palma d'oro all'ultimo Festival di Cannes (e gran favorito nella corsa all'Oscar per il miglior film straniero), <Parasite> è la magnifica black comedy grottesca e <sociale> del coreano Bong Joon Ho che sulla rivincita dei poveri - che rubano ai ricchi per dare a se stessi - costruisce in modo impeccabile, tra vertiginosi cambi di registro, uno spaccato feroce di un Occidente dilaniato dalle differenze dove il capitalismo può anche diventare un film dell’orrore.
Un giovane disoccupato trova posto come insegnante di inglese della figlia di un imprenditore, nella cui favolosa abitazione piazza, con l’inganno, tutta la famiglia: la madre e il padre prendono il posto della governante e dell'autista, messi genialmente in cattiva luce, mentre la sorella si candida a prof di pittura per il piccolo di casa, considerato un bimbo prodigio...
Sorprendente e ingegnoso per la capacità di gestire un intreccio pieno di (anche folli) colpi di scena, <Parasite> - che non si risparmia nemmeno la satira politica (da una parte la dittatura della Corea del Nord, dall’altra l’iniquità di quella del Sud) - parte come grande truffa e finisce in sanguinosa mattanza. Dentro c’è molto: dalla guerra tra poveri, all’incapacità di comunicazione tra classi, al gruppo di famiglia in un (magnifico o miserabile all’occorrenza) interno. E, soprattutto, un mondo dove il riscatto resta un sogno, mentre Morandi continua a cantare a squarciagola.