L’onda verde e lo scoglio Italia
La chiamano l'onda verde. Sono andati forte in Germania, Francia, Irlanda, Belgio, Olanda, ma anche in Finlandia e nel Regno Unito: molti Paesi, alle ultime elezioni europee, hanno premiato gli ecologisti. Che, passati da 50 a 69 seggi, rappresentano la quarta forza dell'Europarlamento. E' il loro miglior risultato di sempre: trionfi e apprezzamenti ovunque. Tranne che in Italia. Dove i Verdi, come movimento, hanno la fiducia di poco più di 2 elettori su cento. una goccia nel mare. Colpa, dicono in molti, di una coscienza ambientalista che - al di là dell'«effetto Greta» - si è sviluppata in tutta Europa tranne che da noi: un'ipotesi che onestamente non mi convince. Rispetto a soli 20 anni fa ho invece l'impressione che la coscienza ambientalista (e animalista) nel nostro Paese abbia fatto passi importanti. Non solo a livello di singoli, di privati, ma anche di aziende, di imprese: pensiamo alla Davines (solo per restare a casa nostra), ma anche agli investimenti sempre maggiori dei grandi brand della moda nell'eco-sostenibile. Piuttosto il problema è un altro: l'incapacità dei partiti italiani di intercettare chi ha cuore il destino del pianeta. Fumosi i Verdi, non pervenuti (tutti) gli altri. Là dove all'estero le tematiche ecologiste si traducono in progetti e proposte concrete, là dove i principi, le buone intenzioni, sono ammantati di ammirevole pragmatismo, qui al massimo tacitiamo la coscienza prenotando una sera al ristorante vegano. Disperdendo con superficialità centinaia di migliaia di voti di elettori che non trovano un interlocutore serio a cui affidare i propri ideali.