Quasi Natale, la persistenza degli affetti
Ogni creatura, ogni persona, ha un'ombra: si chiama persistenza».Ci sono tre fratelli: e una sconosciuta che, in qualche modo, li tiene insieme. E poi ci sono le cose: là dove ogni oggetto, nel suono del tempo, ha una sua voce, una storia da raccontare. E trattiene dentro di sè, in quella sua anima immobile, un rimpianto, una nostalgia, il ricordo di ogni sorriso e di ogni lacrima versata. Non c'è più il palcoscenico, invece: al suo posto, una casa. Quella dei genitori, quella dove si è cresciuti: e che - come ne «Le sorelle Macaluso» - fa sentire il suo respiro, vive, personaggio tra i personaggi, scrigno muto (ma non troppo) di ciò che è stato. Figlio del lavoro della Compagnia Teatrodilina che, messa in scena la pièce due anni fa, ora la replica con cura sullo schermo senza tradirne l'impianto - ambientazione (il film si svolge completamente in interni, in una sorta di lockdown emotivo), ma anche movimenti e a tratti recitazione ne indicano chiaramente l'origine -, «Quasi Natale» di Francesco Lagi accarezza con una delicatezza non artificiosa sentimenti e disagi che ci appartengono e che il film restituisce per quello che sono, autentici, imperfetti, inevitabili. Due giorni prima di Natale, una madre, ricoverata in gravi condizioni in ospedale, chiama a raccolta i figli, due maschi e una femmina: deve dire loro una cosa importante... La familiarità da recuperare, il gioco, anche tenero, dei ricordi, la solitudine tangibile, spessa, che si mescola, avvelenandola, all'aria: in bilico sul punto di rottura, sul ciglio di un lutto che non si può più procrastinare, la dramedy cechoviana di Lagi allarga e ricompone le crepe andando al di là di un soggetto non particolarmente originale costringendo i personaggi a mostrare senza filtri le proprie fragilità, le debolezze, quel sentirsi - o essere - difettosi, vuoti a rendere di un tempo perduto. L'atmosfera è azzeccata, l'assenza più acuta presenza (la madre morente resta sempre fuori scena) una logica conseguenza poetica: e tra i tre fratelli, il personaggio più realmente moderno e potente, è in realtà il quarto, la ragazza di uno di loro, che è insieme trasposizione, fantasma, della madre che li sta per abbandonare e il deus ex machina che, in maniera sottile e invisibile, li porta oltre il lutto, rinsaldando quel legame ormai sfilacciato. Nella certezza che «tutto rimane, in qualche forma».