Nowhere Special, un toccante viaggio segreto nei sentimenti
John guarda le vite degli altri: le osserva da dietro grandi finestre, attraverso i vetri che ogni giorno lava, pulisce, forse per rendere più chiara, più limpida, anche l'esistenza che scorre dall'altra parte. Là dove il tempo cammina a un'altra velocità, si misura in arrivederci e non ancora in addii, ha il privilegio del futuro, di case e cose che anche domani saranno ancora le stesse. Non è un film facile da fare «Nowhere Special»: perché sembra apparentemente che riguardi la morte. E invece parla, a ogni inquadratura, ad ogni silenzio, della vita: sì, vero, quella che resta, quella che rimane (e che andrà perduta in un ricordo destinato a diventare nebbia, come certi sogni all'alba), ma sopratutto quella, spettinata, di tutti i giorni, fatta di gesti, di parole, di mani che tengono altre mani. Storia di una giovane padre single che, malato terminale, dedica i suoi ultimi mesi di vita a cercare, con l'aiuto dei servizi sociali, una famiglia che possa adottare suo figlio di quattro anni, quello di Uberto Pasolini, già produttore di un successo planetario come «Full monty» e ora regista tra i più sensibili in circolazione (venite a conoscerlo domani sera al D'Azeglio, dove incontrerà il pubblico: non ve ne pentirete), è un film pudico e tenero, oltre che toccante: una pellicola che resta tra le righe, che si muove sottotraccia, delicata come una carezza, quando invece quella stessa vicenda, raccontata con altri occhi e altre parole, avrebbe potuto strapparti via. E invece. Invece, prevale la naturalezza, la bellezza - unica, sconvolgente, intatta - del rapporto tra padre e figlio, l'abbraccio di gente comune in una situazione che di comune non ha niente. Ispiratosi a una storia vera che ha letto su un giornale, Pasolini, dopo «Still Life», torna di nuovo a esplorare in punta di piedi il nostro confrontarci con la quotidianità della morte, ma se quello era soprattutto un film sulla solitudine «Nowhere Special» (in concorso a Orizzonti a Venezia 2020 e poi premio del pubblico a Valladolid, Varsavia e Pula) è, al contrario, un film di legami, di scambi, di reciproche (quel «casting», doloroso e paradossale, alla ricerca della famiglia «perfetta») conoscenze. Un viaggio segreto nei sentimenti al cui mood intimo ed essenziale contribuiscono in maniera decisiva i due bravissimi interpreti (il padre James Norton e il piccolo Daniel Lamont), forse troppo belli, ma di sicuro giusti, veri, perfetti.