Scomodo e stridente: Ti guardo, il Leone ruggisce a Caracas
In una Caracas brutale e repressa dove solitudini di matrice differente vanno in cerca di patetici barlumi di affetto e comprensione, un film crudo, scomodo e insidioso, attraversato da pulsioni omosessuali e figlio di una marginalità socio-esistenziale. Si chiama <Ti guardo> (ma era più bello il titolo originale, <Desde Allà>, da lontano) ed è la pellicola che ha vinto il Leone d'oro all'ultima Mostra di Venezia il debutto sorprendente dell'ex biologo Lorenzo Vigas, venezuelano classe '67: un film dalle dinamiche per nulla banali, stilisticamente interessante (con quelle inquadrature dove è a fuoco solo un personaggio alla volta, i dettagli insistiti, le riprese di nuca alla Dardenne...), vivo, realistico, mai davvero in pace.
La storia di Armando (il bravissimo Alfredo Castro, attore feticcio del cileno Larrain), un uomo di mezza età (vittima da bambino degli abusi del padre) che adesca ragazzi di vita: non li tocca, ma li paga per vederli nudi. Con Elder però gli va male...
Cattivo, spigoloso, non riconciliato, <Ti guardo> (prodotto da Arriaga, il primo sceneggiatore di Inarritu) coglie con grande attenzione le tensioni del rapporto (che sublima dapprima in un legame padre/figlio per poi mutarlo in qualcosa d'altro) tra l'adulto e il ragazzo, entrambi carnefici (l'uno dell'altro) e allo stesso tempo vittime: il primo è un personaggio tragico, prigioniero delle sue ossessioni e di un passato che ancora lo condiziona, l'altro invece è puro istinto, un figlio della violenza e della strada allo stato primitivo, smarrito e ancora incerto sui propri sentimenti. Potrebbero salvarsi a vicenda, ma Vigas non è un tenero: e il colpo di scena finale, molto secco, rende ancora più amaro un film che ci piace proprio perché stridente, destabilizzante, differente.