Caino e Abele nelle Ardenne: un debutto sporco e disperato
E' verde marcio, ma di quello che tende al nero, al buio, anche esistenziale: di quel colore acido eppure spento caro anche al cinema di Zvyagintsev e del primo Audiard. Ed è ruvido, senza sole, struccato non solo nella fotografia o nell'ambientazione. Pieno di cicatrici e ciminiere, birre in lattina e tavole calde, pioggia e sigarette, tute (da lavoro, ma anche quella del Milan...) e palazzoni. Là dove ti scopri a desiderare una vita noiosa, ben sapendo che la più banale normalità è un lusso che nessuno sembra possa permettersi. Non qui nella grigia Anversa, non nelle Ardenne. Territorio di caccia del debutto scavato e livido del belga Robin Pront, 31enne autore di un noir disperato e sporco, martellato dalla techno nel suo biblico infangarsi.
Un film duro, segnato, prevalentemente notturno, che racconta il ritorno a casa di Kenny, dopo 4 anni di galera dove ha tenuto la bocca chiusa: senza tradire la sua donna né il fratello Dave, suoi complici in una rapina costata cara solo a lui. Ma il tempo passa e la gente cambia: il fratellino ha rinunciato alla bottiglia, la fidanzata ha chiuso con la droga. Quello che Kenny non sa, però, è che i due, in sua assenza, si sono anche messi insieme...
La dinamica, evidentemente, è stranota e prende il via da un intreccio (due fratelli innamorati della stessa donna) non certo inedito: ma Pront, facilitato anche dal contesto proletario, privo di facili orizzonti, dimostra mano ferma e discreto stomaco nell'affrontare con i suoi Caino e Abele il viaggio fino al termine della notte. Coen e Tarantino (citati da più parti) sembrano onestamente tirati in ballo a sproposito: ma il giovane regista, che sule spalle si carica un bagaglio di illusioni assai leggero, ha un suo gusto del paradossale. Che riscatta, almeno parzialmente, le tappe obbligate di un cupo dramma morale – tratto da una piece teatrale di Jeroen Perceval (che interpreta Dave) - diviso in due movimenti: una prima parte, tesa, arrabbiata, che sembra pericolosamente seduta su una polveriera e una seconda deflagrante, violenta, non priva di sorprese. Scelto dal Belgio per rappresentarlo nella corsa all'Oscar per il miglior film straniero (ma non è riuscito a entrare nella cinquina), <Le Ardenne> è in definitiva l'esordio tosto e ben recitato (lei, Veerle Baetens è la stessa di <Alabama Monroe>) di un autore che non ha paura di sporcarsi le mani.