Sette giorni a Venezia
La prima settimana è archiviata: ma della Mostra del cinema cosa resta? Butto lì due o tre pensieri in libertà. Intanto che è un'edizione un po' moscia: l'assenza di grandissimi nomi si è fatta sentire, ma d'altra parte neanche Cannes aveva fatto faville. E allora forse più che i selezionatori è la stagione a essere in difficoltà: si dice che da qui a dicembre usciranno pochi titoli davvero interessanti. Staremo a vedere. Tornando a noi, l'apertura (accoglienza sotto zero, tipo da cordata nella bufera di neve) con "Everest", che è meno peggio di quel che si dice, si è rivelata però meno imperdibile del solito: pure party e cena -pare- non hanno fatto faville... In concorso, per ora, le cose migliori sono il coraggioso film inchiesta sull'omicidio di Rabin di Gitai (non ci avrei scommesso, scusa Amos), Sokurov, tra i pochissimi sperimentatori in un'edizione assai convenzionale, i francesi Marguerite e L'Hermine e l'argentino scorsesiano "El clan". Del resto salvo (gran storia e ottimi gli interpreti in "The danish girl", ma film molto illustrativo. Interessante anche se confuso il turco "Frenzy") poco: e, aspettando Bellocchio, non certo gli italiani. Fuori gara appare invece un robusto film di inchiesta giornalistica "Spotlight", "Un mostro dalle mille teste" un film da fare uscire e "Non essere cattivo" (nei cinema adesso) andatelo a vedere: è il film sincero di un regista, morto troppo presto, che in più di 30 anni ha girato solo 3 film. Si chiamava Claudio Caligari: se non lo conoscete, dategli un'occasione: il suo cinema proletario è vero merita di essere riscoperto.