Le cose che non ti ho detto: così muore un matrimonio
«È un omicidio, sta uccidendo un matrimonio: anche se non c'è sangue, è sempre un omicidio».
Tazze di tè, pianti, scogliere, accordi economici, brutti risvegli: e tutti quegli anni trascorsi sul treno sbagliato, quando ti accorgi che hai già superato la stazione della felicità e quello che hai davanti è solo un binario morto. Che qualcuno indietro, senza mai voltarti, forse lo dovrai pur lasciare: i più deboli forse, a congelare nell'inverno dei tuoi sentimenti. Guarda alla storia dei suoi genitori, che si separarono in tarda età, portando sullo schermo la sua pièce «Retreat from Moscow» - e l'impostazione teatrale, evidente, si rivela spesso una zavorra -, William Nicholson, lo sceneggiatore de «Il gladiatore», che con «Le cose che non ti ho detto» (pessimo il titolo italiano che ricorda, volutamente e pericolosamente, «Le parole che non ti ho detto») gira un malinconico melodramma a tre voci - marito, moglie e figlio -, parte di un meccanismo usurato e fatalmente rotto, pezzi unici costretti a scoprirsi estranei agli altri quando non a se stessi. Scene da un matrimonio al capolinea: Edward, un professore di Storia, decide di lasciare la moglie dopo 29 anni di matrimonio. Nonostante i frequenti litigi, per lei è un vero choc... Film sensibile e letterario, ma un po' pretenzioso e artefatto nella scrittura - se è curioso il sottotesto della ritirata di Russia, frasi come «Dimmi qualcosa di vero!» amplificano la sensazione di «costruito» -, «Le cose che non ti ho detto» risulta piuttosto inerte, un dramma familiare dove nessuno dei personaggi, nonostante una certa verità, un disagio autentico e complesso, riesce davvero farsi amare da chi guarda. E così, come il personaggio del marito, il film risulta freddo, spesso noioso, tra panoramiche paesaggistiche con tanto di musica invadente e rese dei conti in anonimi soggiorni: il cast è prezioso, ma né Bill Nighy né Annette Bening, che di mestiere ne hanno da vendere, aggiungono quelle sfumature dove intravedere un fallimento, una sofferenza, una resa. Tanto che viene una gran voglia - se proprio l'amore deve finire - di rivedere «Marriage story», quello sì film illuminante e centratissimo su una coppia che non riesce più a esserlo.