Recensione, 2025 Filiberto Molossi Recensione, 2025 Filiberto Molossi

F1, se Brad Pitt scende in pista

La mia recensione di “F1” di Jospeh Kosinski e con Brad Pitt

«Che ci fai qui?».

La tuta come l’armatura, il casco al posto dell’elmo, la pista invece della battaglia: è una gara o è una guerra? Nel romantico inseguire a 300 chilometri orari (e non uno di meno) un momento finalmente perfetto, il cinema sportivo si traveste da combat movie: e nella cinetica seduzione della velocità raccoglie la sfida di un cowboy anni ‘90 dalle gomme mai lisce, in cerca di riscatto e - forse - redenzione. Ha un’anima guerriera e lo spirito del cavaliere solitario lo spottoso (ma non spocchioso) e adrenalinico «F1», il film spettacolare e carenatissimo con cui Joseph Kosinski, il regista di «Top Gun: Maverick», porta sullo schermo curve cieche, piste roventi e leggenda del circus, accelerando allo start per poi toccare il freno il meno possibile. Divertente, ultra brandizzato, molto macho (ma il testosterone, in questo caso, non è un antidoto agli incubi o alla sensibilità), il blockbuster voluto da Apple+ (a oggi è il maggior successo della divisione cinematografica della mela morsicata) celebra la rivincita dei boomer, là dove il rombo dei motori è (per fortuna) ancora più forte di quello dei social.

Come nel sequel di «Top Gun», anche qui tutto comincia con un ritorno: quello di Sonny Hayes (Brad Pitt, brillante e sul pezzo), uno che correva (e forte) in Formula 1 quando ancora si ballava la macarena. Lontano dai gran premi da più di 30 anni, tre matrimoni andati male, una rovinosa passione per il gioco d’azzardo e un incidente che ancora si sogna di notte, il pilota americano (che a qualcuno ha ricordato Marione Andretti) rientra clamorosamente in gioco, accolto con diffusa perplessità (per usare un eufemismo…) da colleghi e stampa, per dare una mano al disperato team guidato da un suo caro amico ed ex avversario ai tempi di Senna e Prost. Ma la macchina è un catorcio, l’ingegnere capo in confusione e il suo ben più giovane compagno di squadra alza subito la cresta…

Fedele ai crismi più convenzionali dello sport movie (il dualismo tra vecchio e giovane, nemici/amici per la pelle, la seconda occasione, l’escalation - tra alti e bassi -, verso la gara decisiva, il campione che gareggia contro i suoi demoni, l’immancabile storia d’amore…), ma con un occhio all’epica del western, Kosinski realizza un film competitivo ed efficace, dimostrando di conoscere tra soggettive ardite e improvvisi fuori pista, fascino e sensualità di bolidi costruiti per vincere e volare. Prodotto (anche) dal mito del volante Lewis Hamilton (chiamato a un compito ancora più gravoso di quello di Hayes: riportare entusiasmo in casa Ferrari), girato (anche) in occasione dei veri Gran premi con l’apparizione e la complicità delle star (da Verstappen e Leclerc) del mondiale, «F1» sa emozionare, grazie anche a un montaggio da gara e al commento musicale di Hans Zimmer. Non sarà (e non è) «Rush», d’accordo, ma funziona: tanto che una volta finito il film, ripresa l’auto a corto di benzina per tornare a casa, rischi di fermarti al distributore urlando «box, box, box!».

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