Un figlio di nome Erasmus? Anche no
Piccolo riepilogo: ci sono gli amici ritrovati, l'on the road generazionale (non in auto ma a bordo di un pulmino: cambia poco...), la sfida sportiva e persino la droga nascosta come in «Marrakech Express»; ma c'è pure il viaggio all'estero tra ricordi di scuola o università come nel sequel di «Immaturi». E, se non bastasse, anche la serata folle e ultra alcolica dove vai a letto con la tonaca da sacerdote e ti svegli, senza ricordarti come mai, coi piercing ai capezzoli: esatto, tipo «Una notte da leoni»... E dimentico la voce off, la presentazione dei personaggi, lo scontatissimo «cosa è successo» un anno dopo... Insomma, per farla breve: questo film lo avete già visto. Anche se è appena «uscito». Perché qui il problema non è il «dove» ma il «come». Cioè che «Un figlio di nome Erasmus» sia il primo film italiano che invece di approdare in sala venga proposto direttamente - causa emergenza coronavirus - sulle piattaforme online fa statistica: ma solo quello. Perché questa commedia turistica e svogliata, purtroppo, resta un mezzo disastro ovunque tu la voglia o la possa guardare: al cinema, in tv, sullo schermo di un pc o di un telefonino. Debitore del primo Salvatores, il terzo film del milanese Alberto Ferrari (la cui opera seconda risale però a 15 anni fa) è la riproposizione un po' stanca di modi, situazioni e dinamiche di quel «genere», leggero ma con immancabile risvolto agrodolce, che possiamo chiamare degli «amici in viaggio»: che in questo caso sono quattro ex universitari costretti a tornare in Portagallo, il Paese dove avevano fatto l'Erasmus. E dove uno di loro, ma non si sa chi, ha avuto, senza mai saperlo, anche un figlio. Necessita quindi immediato esame del dna... Picaresco, non privo di qualche battuta, nostalgico a più non posso (viene riesumata persino Carol Alt, ma sfido a trovare dei ventenni che nel '99 cantassero le canzoni dei Pooh...), «Un figlio di nome Erasmus» alterna la risata facile al desiderio di riprendere la vita in mano e mettere la felicità finalmente a fuoco. Ci provano anche gli interpreti - Luca e Paolo, Daniele Liotti e Ricky Memphis - volenterosi ma non del tutto convinti. C'è da capirli.