Mission: impossible, atto V: se Tom vuole una vita spericolata

Resta appeso al portellone di un aereo in decollo (c'era l'overbooking?), va in apnea che nemmeno Maiorca, poi, morto e resuscitato un paio di volte, guida la moto che pare il <dottor Rossi>: anche se, per dirla tutta, sposa in toto la filosofia di un altro famoso signor Rossi, Vasco. Perché per Ethan Hunt (al secolo Tom Cruise) la vita deve essere per forza spericolata: se no scusate che gusto c'è?

Acrobatico e transnazionale (dalla Bielorussia a Vienna, da Parigi a Casablanca, da Cuba a Londra in poco più di due ore...) quinto episodio di una saga ricca e fortunata con la valigia sempre pronta, il cinetico <Mission: impossible - Rogue nation> accende l'estate con la sua carica ultra spettacolare, nella riproposizione (squadra che vince non si cambia) di una ricetta bondiana ma non troppo in cui action e umorismo si fondono senza troppi sforzi all'insegna del <nessun dorma>. Perché di sicuro, la cosa più difficile qui, tra esplosioni, sparatorie e folli inseguimenti, è annoiarsi. Lo sa bene Christopher McQuarrie (alla terza prova da regista, dopo avere firmato copioni cult come <I soliti sospetti> e <Edge of tomorrow>) che usa poco i freni ma tiene il film in carreggiata nel raccontare di un dream team di cattivi (per lo più traditori passati al servizio del male) che vuole scatenare il caos: gli unici a potere salvare baracca e burattini sono ovviamente gli agenti - non più così segreti - dell'Imf, Hunt in testa, che però anche in casa propria - per la serie dagli amici mi guardi iddio che dai nemici mi guardo io - hanno parecchi detrattori...

Tra le nuvole, sott'acqua, aderente all'asfalto: sempre più <no limits>, l'ultimo <Mission> si muove con la stessa agilità in qualunque direzione, verticale o orizzontale che sia, mostrando su qualsiasi <terreno> di gioco la sua inarrestabile forza centrifuga. Scatenata una clamorosa guerra di spie, tra gingilli hi tech e omaggi al cinema doc (la bella di turno si chiama Ilsa e buona parte del film si svolge a Casablanca...), McQuarrie lucida muscoli e sorriso del divo Cruise (tonico e allergico, si dice, alla controfigura) trovando il clou durante la <Turandot>, dove in una sequenza molto ben congegnata, sulle note di Puccini si fronteggiano tre (anzi, quattro...) cecchini. All'alba vincerà? Visti gli incassi americani si può già dire che l'acuto del film è davvero da applausi.