Ant-Man: anche le formiche nel loro piccolo si incazzano
Piccolo è bello. E pure meglio. Certo, <forse> preferireste essere Messi piuttosto che Brunetta, ma il concetto non cambia: altezza, almeno al cine, non è più <mezza bellezza>. E a Hollywood, specialisti da tempi non sospetti in avventurose miniaturizzazioni, lo sanno bene: da <Viaggio allucinante> a <Tesoro mi si sono ristretti i ragazzi>, i protagonisti in formato tascabile hanno sempre avuto il loro pubblico. Oltre che un bel da fare. Capita così che l'eroe di turno (garantisce mamma Marvel) oltre che <super> sia anche molto <mini>: e vada alla carica in sella a formiche alate in versione Pegaso, buttandola però, e nemmeno poco, anche sul ridere. Cinefumetto di spiccata e insistita ironia (non a caso è diretto da uno specialista in commedie come Peyton Reed), filo etologo, animalista (la critica agli esperimenti da laboratorio) e ultra familista (tra un padre che cerca faticosamente di ricucire il rapporto con la figlia e un altro che vuole diventare per la propria piccola l'eroe che lei pensa che già sia), <Ant-Man> trasforma un ex hacker Robin Hood appena uscito di galera (Paul Rudd, simpatico) nel minuscolo uomo-formica, capace grazie a una tuta prodigiosa di ridursi a piacimento in un coraggioso pronto a tutto alto 3 millimetri e mezzo... La mission (ovviamente impossible) è quella di rubare (con l'aiuto dello scienziato Michael Douglas) un'arma che rischia di finire nelle mani sbagliate.
Arruolato un personaggio che circola negli albi dei fumetti già dal '62, <Ant-man> si traveste da heist movie (i film sui furti), rileggendo con humor il mito tutto americano della seconda occasione: peccato però che ci metta un'ora buona per entrare nel vivo. E' vero, le possibilità (a sfondo spettacolare) che offre un mondo visto ad altezza formica sono infinite: l'acqua che esce dalla vasca sembra uno tsunami, un topo un leviatano e un treno giocattolo un Freccia Rossa. Ma forse sarebbe stato meglio che il pallino fosse rimasto in mano all'iconoclasta Edgar Wright (quello di <Scott Pilgrim vs. the World>), la prima scelta, che dopo avere presentato 5 versioni della sceneggiatura ha rinunciato al progetto lasciando via libera al più tradizionale Reed. Ci si diverte, ma l'impressione è che si potesse lavorare più di fino. Poi, d'accordo, non tutto è vano: almeno adesso ci penseremo due volte a pestare una laboriosa formica. Non fosse altro perché, come è noto, nel loro piccolo si incazzano.