Se spunta un Fiore dove il cielo è a sbarre
Storia di Daphne, che finisce in un carcere minorile per rapina, ascolta <Sally> (che <cammina per la strada senza nemmeno guardare per terra>) e sogna Ibiza: e di Josh, dentro per lo stesso reato, che fa il pane e si accontenterebbe di andare a Rimini. Si intravedono tra le grate che separano la sezione femminile da quella maschile, si parlano, si scambiano <pizzini> di affetto. E si innamorano.
Bello livido, autentico e coinvolgente in quel raccontare una reclusione che è privazione fisica ma anche stato mentale, in quel suo non starci dentro mai, insofferente (come la sua protagonista) a regole e cliché, <Fiore> dà un nome alla rabbia senza sfogo (e senza uscita) e cerca riscatto nella purezza di un sentimento che non c'è gabbia che possa contenere.
Acuto narratore di un'adolescenza sghemba, disagiata, Giovannesi, classe '78, coglie senza patetismi quell'essere necessari l'uno all'altra tenendo stretto il film fino in fondo, sino a un finale <di pancia> bello davvero perché asciutto e agrodolce. A merito dell'autore (reduce dagli applausi di Cannes) va anche la scelta degli interpreti: al di là di Valerio Mastandrea, sono i due ragazzi il cuore pulsante della pellicola. E in particolare Daphne Scoccia, l'inedita e bravissima protagonista, che il 29 giugno, insieme al regista, sarà a Parma per incontrare il pubblico dell'arena dell'Astra. Fino a ieri faceva la cameriera in un'osteria: la vedi dal vivo, piccola e pallida, e ti sembra una che ha sbagliato festa; ma bastano che si spengano le luci per accorgersi che buca lo schermo come poche. E che qualunque sia la domanda, lei conosce la risposta.