Roma, e’ qui la festa!
ROMA-Scorsese fa la Festa a Roma. Inutile girarci intorno: la kermesse romana, giunta alla 14esima edizione, cala l’asso “The Irishman”, il film-evento che volevano tutti (i festival: per le associazioni degli esercenti, invece, essendo targato Netflix è più o meno come l’’anticristo...), l’epopea criminale (e crepuscolare) con cui il regista italo-americano ritrova De Niro e abbraccia Al Pacino, attesissima summa (definitiva?) del suo cinema. Con Martin come frontman, supereroe (note le sue polemiche contro i film Marvel) del cinema d’autore, niente fa più paura: più 20% di prevendite biglietti e un padre nobile dietro cui costruire un cartellone snello che se (come ormai d’abitudine) non insegue più competizione e anteprime mondiali regala comunque uno sguardo ampio e non scontato sul cinema che verrà.
Alternando le proiezioni (47 in tutto: 33 nella selezione ufficiale) a una moltitudine di incontri (qualche nome? Divi come John Travolta, Benicio Del Toro e Bill Murray, premio alla carriera, scrittori come Bret Easton Ellis, registi quali Olivier Assayas, Jia Zhangke, Kore-e da con restrospettiva, Ethan Coen...) aperti alla città, Roma piazza la star più star sul manifesto (Greta Garbo, per servirvi) strizzando un occhio a Hollywood come pure alla sua anima off (il Sundance), ma dando asilo anche a un cinema europeo che ha ancora molto da dire.
Apre il redivivo Edward Norton in doppia versione regista-interprete con “Motherless Brooklyn”, detective story anni ‘50 , ma in lista ci sono molti altri big: da “Hustlers”, accompagnato da ottime recensioni, dove Jennifer Lopez è una spogliarellista che fa le scarpe a Wall Street, a “Judy”, il biopic sulla Garland che lancia Renée Zellweger in zona Oscar, dal documentario che Ron Howard ha dedicato a Pavarotti (per par condicio tra rock e lirica ce ne è uno anche sull’ultimo disco di Bruce Springsteen...) a “The aeronauts”, storia curiosa di un incredibile viaggio in mongolfiera nel 1862. Occhio però anche a “Downton Abbey”, versione cinematografica della famosa serie, al tenero cino-americano “The farewell”, alla versione moderna dell’”Antigone”, candidato canadese all’Oscar. L’Italia - a parte la chiusura affidata a Cristina Comencini che presenta “Tornare”, un film dove Giovanna Mezzogiorno rientra dagli Usa nella Napoli anni ‘90 - si affida soprattutto a “Il ladro di giorni”, on the road padre-figlio (il primo è Scamarcio, che interpreta un uomo appena uscito dal carcere) diretto da Guido Lombardi, autore di un interessante esordio ormai otto anni fa con “La-Bas”. Giusta poi l’attenzione al cinema francese: da Cannes (dove fu applauditissimo) arriva “La belle époque” (che presto vedremo anche a Parma), ma ci sono pure la “Fete de famille” di Cedrick Kahn, il noir di provincia “Trois jours et une vie” e una commedia che si annuncia divertente (“Le meilleur reste à venir”) con Luchini e Bruel. Possibili sorprese? L’afroamericano “Waves”, “Share”, debutto di Pippa Bianco (una delle registe della serie cult “Euphoria”) e, perché no, “Willow”, l’ultimo film del macedone Milcho Manchevskj, a 25 anni dal suo capolavoro (purtroppo rimasto isolato) “Prima della pioggia”. Fosse solo la metà di quello basterebbe per farci pace.