Jeanne Du Barry, la favorita del sovrano Johnny Depp

«È grottesco». «No, è Versailles».

Nello squallore della corte dove «morto un re se ne fa un altro» la grande recita di un mondo squallido e ignaro, destinato, da lì a poco, a perdere la testa. Ambisce al trono, ma non va molto al di là - nonostante sia bene apparecchiato e sontuoso al di là del calligrafismo - del rimettere la corona al già logoro, ma redivivo, Johnny Depp (restituito al grande schermo dopo le ben note beghe legali), «Jeanne Du Barry», sesto film da regista della francese Maïwenn (già ex signora Besson), che ha fatto di meglio («Polisse», ad esempio) ma che con questo film in costume ha avuto l'onore di aprire l'ultimo Festival di Cannes.

La storia vera di Jeanne, cortigiana che, nonostante le umili origini, fu protagonista di una clamorosa scalata sociale che la portò accanto al re di Francia Luigi XV, di cui rapì il cuore.

Al tempo in cui seduzione era l'unica via per l'emancipazione, un film formalmente corretto (anche se prudente e sempre nella cornice del cinema più classico) che smaschera la miseria di un mondo sempre pronto a inchinarsi davanti a chi gli conviene: accolta con grande freddezza alla prima sulla Croisette, la pellicola, anche interpretata oltre che diretta da Maïween, manca un po' di spirito eversivo (ricordate «La favorita» di Lanthimos? Ecco), si nasconde dietro la voce fuori campo, spingendo, là dove ogni cosa è rituale, vuoto protocollo, sin troppo sul melò conclamato, che prende il sopravvento nella tormentata seconda parte.