Violenza, tradimento, manipolazione: Lady Macbeth, vittima e carnefice
C'è il sangue, la violenza, la manipolazione: e la tragedia, ovviamente. Ma no, non c'è Shakespeare. Se non traslato, se non di riflesso. Perché più che il Macbeth qui conta la <lady>. Troppo dark e ribelle anche per piacere a Stalin. Che nel 1935 bandì l'opera di Shostakovich tratta dal romanzo del russo Nikolaj Leskov, <Lady Macbeth nel distretto di Mcensk>: lo stesso libro (portato sullo schermo anche da Wajda) che ora (con l'adattamento, non a caso, molto femminile di Alice Birch) ispira il debutto dal bel portamento e dalla gentilezza feroce dell'inglese William Oldroyd, già direttore del Young Vic Theatre di Londra. Che, trasportata l'azione nell'Inghilterra ottocentesca, lavora sul canovaccio già molto usurato degli amanti diabolici per girare in realtà, con sguardo attualissimo e non poca (ricercata) ambiguità, un film sulla condizione femminile, dove la passione e l'eros sono le uniche armi di rivolta e di ammutinamento che rimangono a a chi è stata destinata al rifiuto e all'annientamento in un mondo totalmente governato dalle regole (e dai desideri) degli uomini.
Andata sposa giovanissima, per volere del padre, a un ricco possidente che la disprezza, Katherine si innamora dello stalliere, trascinandolo nel vortice di una passione che travolgerà chiunque le sia di ostacolo, in un'escalation di crudeltà che non risparmierà né i colpevoli né tantomeno gli innocenti.
Corsetti, busti, lacci, spazzole che lisciano, e strappano, i capelli: in un universo immobile di subalternità, possesso e sopraffazione, Oldroyd soffoca lo schermo coi personaggi, costringendo la propria eroina a vivere sulla sua stessa pelle la deformazione della vittima in carnefice, nella ricerca ostinata - e determinata sino alla (più disumana e lucida) follia -, del diritto a una felicità che è permesso raggiungere con ogni mezzo, ad ogni costo: anche a quello di uccidere.
E se la tresca tra stalliere e giovin signora non è, onestamente, il massimo dell'originalità, nel silenzio scandito dalle lancette degli orologi a pendolo e nell'algida insofferenza il 37enne regista trova come una segreta grazia che si tramuta via via in veleno, in malattia. Là dove tra lotta di classe e osceno egoismo a pagare sono solo i servi: ma la vera condanna per chi non ha rimorso e conosce solo tradimento e menzogna abita nelle stanze vuote di un'infinita solitudine.