Al di là delle montagne, ravioli al vapore conditi con le lacrime
Comincia e finisce sulle note della scatenata <Go West> dei Pet shop boys e corre sui binari della nostalgia, di una giovinezza che è un battito di ciglia, <Al di la' delle montagne>, il bellissimo film in tre movimenti - una prima parte in 4/3 ambientata nel 1999, l'era delle grandi speranze, una seconda (in formato panoramico) nel 2014 e un terzo atto in cinemascope che ci porta nel 2025, futuro alieno in cui per capire tuo figlio avrai bisogno addirittura del traduttore di Google - del cinese Jia Zhang-Ke: uno struggente affresco privato e sociale che il regista di <Sill life> (Leone d'oro a Venezia nel 2006) traduce in una fotografia del terzo millennio colma di disincanto e di passione, in un racconto anche morale che riflette, con grande partecipazione, sul tempo che passa e su quello che resta, dove i treni da lenti diventano veloci e invece che sui libri si studia sull'iPad, mentre ci scopriamo sempre più soli.
Una storia d'amore e di amicizia che coinvolge la bella Tao, indecisa - nella Cina che vuole cambiare pelle e imita l'Occidente - tra due pretendenti, amici tra loro da sempre: il minatore Liangzi e l'affarista Zhang. Sceglie quest'ultimo, lo sposa ma poi divorzia. E suo figlio, l'unica sua vera grande gioia, emigra col padre in Australia. Dimenticandola: o forse no...
Sublime interprete anche altrove della Cina contemporanea, il maestro della Sesta Generazione sottolinea con impressionante lucidita' le conseguenze dei cambiamenti economici sull'individuo, osservando da vicino - con la capacita' che appartiene a pochi di comprendere nel profondo un fenomeno mentre accade - la dolorosa ma rapidissima metamorfosi di un popolo la cui identità viene sbriciolata nell'impatto col capitalismo, in una mutazione che ridisegna anche i confini della geografia dei sentimenti.
Dalla fiducia entusiasta nel secolo nuovo (e nella propria, spensierata, gioventù) all'amarezza di un Paese che ha perso, insieme alle tradizioni, anche se stesso: in un'emblematica vicenda privata <Al di la' delle montagne> (il miglior film secondo noi dello scorso Festival di Cannes) coglie, anche attraverso le canzoni, la trasformazione culturale e emotiva di una nazione. Guardando indietro e avanti (la parte più debole del film), tra le speranze di ieri e lo smarrimento di domani; nella certezza che a volte, prima che la neve torni a cadere, i ravioli al vapore conoscono un solo condimento: le lacrime.
Dal Far East con furore
Ho appena fatto un (purtroppo rapido) assaggio del Far East Film Festival di Udine: uno sguardo interessante e sempre curioso sul cinema orientale, una bella e ricca rassegna (una settantina di film - capofila il Giappone con 12 - in 9 giorni) organizzata molto bene, con un pubblico di fan motivatissimi (tanto che a volte applaudono anche quando se ne potrebbe fare a meno) e un gruppo di ideatori e promotori entusiasti. Realtà fortissima del nuovo millennio (anche a livello industriale: la Cina ormai fa numeri più alti di quelli di Hollywood), il cinema orientale ha alcuni marcati tratti distintivi. Da quello visto a Udine, quest'anno, ad esempio, me ne vengono in mente 5: eccoli.
1. Le capacità tecniche
Sono mostruose. Anche nei film meno riusciti, la professionalità di registi e tecnici sono a un livello medio altissimo. Se la costruzione narrativa a volte conosce delle pecche (citazioni e riproposizione di codici occidentali, originalità relativa o eccesso di rilanci), difficilmente la capacità tecnica, anche se il regista sembra appena uscito dalle medie, e' meno che eccellente: merito di un'industria e di una scuola che funzionano. I coreani (vedi le scene di massa di "Ode to my father" o l'eleganza de "Il sarto del re") sembrano avere una marcia in più, mentre i giapponesi dominano meglio le sfaccettature (da "Kabukicho love hotel" a "Make room") dei copioni. Gran talentaccio di riprese ovviamente anche nel cinema popolare e di genere (kung fu action o wuxia) made in China e Hong Kong.
2. Il peso del passato
E' una discreta costante: sia come memoria storica che inteso come spettri che condizionano il comportamento dell'eroe di turno. Ma viene anche usato in chiave nostalgica. Insomma, voltarsi indietro conta quanto guardare avanti.
3. Il gioco
D'azzardo, ovviamente: a volte è un corollario della trama, altre il fondamento. Dalla studentessa giocatrice di biliardo al baro a carte in attesa della "mano di Dio", passando dai videopoker delle sale giochi
4. Le prostitute
Sono ovunque e spesso con un peso narrativo non da poco: vite vendute o da riscattare, professioniste degli hotel a ore o adolescenti sfruttate in Thailandia.
5. Le arti marziali
Sono ancora uno dei fondamentali del cinema orientale: tra Cina e Hong Kong, il kung fu e' sempre re. E i combattimenti audacissime coreografie.