Diva Futura, quando il porno diventò pop
Star a luci rosse elette in Parlamento, altre invitate e osannate nei salotti buoni della tv generalista e borghese; oppure citate, imitate, fatte uscire dalle videocassette di anonimi distributori automatici (e prima di stanze rigorosamente a parte) e messe su copertine patinate. Perché il porno made in Italy era già pop ancora prima (tra serie, film, documentari, reality...) di diventarlo davvero.
Ve li ricordate? Prima di internet e della pornografia a portata di clic, Moana, Cicciolina e soprattutto lui, Riccardo Schicchi: la grande famiglia dell'hard «amorale ma non immorale» che rivoluzionò i costumi. E a cui qui, Giulia Louise Steigerwalt, la regista di «Settembre» (l'opera prima con cui ha fatto parlare - tanto e bene - di sé), se non la verginità (che sarebbe stato effettivamente complicato) restituisce, osservando quegli anni folli dal punto di vista della segretaria di Schicchi (Debora Attanasio, che ha rievocato quella esperienza in un libro), la dignità di coloro che, nudi alla meta, si rivelarono più onesti della società ipocrita che li perseguiva.
Il rischio santino però è molto (troppo) elevato e non sempre lo sguardo su quella reclamata liberazione del corpo (e dell'immaginario erotico) che finì invece con il contribuire pesantemente alla sua mercificazione (anche se, e non è un fatto secondario, Schicchi rifuggiva la violenza che poi ha permeato il porno) è a fuoco.
Lontano anni luce da «Boogie nights», che però è certamente più di una fonte d'ispirazione, «Diva Futura» (che trova in Pietro Castellitto, nel ruolo del protagonista, e Barbara Ronchi - la sua segretaria - due interpreti molto giusti) è però un film onesto, il racconto di un mondo assurdo e bizzarro, ma anche lo spaccato di un Paese in cui «vincono sempre gli istinti peggiori».