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Babygirl, Kidman nuda alla meta nel milf movie super hot

Senza paura, oltre che senza vestiti: per nulla frenata dal moralismo della porta accanto, priva di remore nel mettere in gioco il suo divismo, Nicole Kidman, che nella sua carriera lunga quasi 100 film non ha mai usato una controfigura (il cosiddetto «body double») per le scene di nudo, si spoglia nuovamente sullo schermo a 57 anni, diretta da una donna - la regista olandese Halina Reijn -, facendosi beffe anche del botulino e del tempo che passa in un film che affronta il rapporto tra sesso e potere, ambizione e desiderio, passione e masochismo. D'altra parte, sin dai tempi di «Eyes wide shut», coraggio e talento non sono mai mancati alla superstar australiana, di gran lunga la migliore cosa di «Babygirl», il film per il quale ha vinto la Coppa Volpi a Venezia, sfiorando soltanto (dopo la nomination ai Golden Globes) quella che per lei sarebbe stata la sesta nomination all'Oscar.

E la pellicola effettivamente parte bene - complice una sequenza subito molto «forte» ed esplicita, che sorprende -, interrogandosi su un argomento spesso tabù come l'orgasmo femminile: ma in verità l'opera terza della Reijn (non nuova a trame incandescenti) non va molto al di là di quell'inizio promettente, scolorendo il fascino del «proibito» con appiccicose rivendicazioni #metoo e banali rapporti di forza.

La storia dell'amministratrice delegata di una grande multinazionale che, mai davvero soddisfatta dal marito che ama (Antonio Banderas), cerca e trova il piacere grazie a un giovane stagista (l'Harris Dickinson di «Triangle of sadness») capace di dominarla, mettendo così a rischio carriera e famiglia, non è sviluppata in maniera particolarmente originale né autoriale: partita per raccontare l'audace necessità di realizzare le proprie inconfessabili fantasie e il confronto non più procrastinabile di una donna di mezza età coi propri demoni, là dove oltre che irrazionale è irresistibile l’attrazione per la vertigine dell’autodistruzione, la regista, nell’attraversare la linea d’ombra della dualità umana, rivela la superficialità di un’indagine che non sembra davvero volere trovare quello che va cercando, dimostrandosi anche indecisa (il thriller all'«In the cut»? Il ricatto professionale di «Rivelazioni»? La deriva folle di «Attrazione fatale»?) sulla strada da prendere, confezionando un milf movie che per quanto riesca a rendere erotico anche un bicchiere di latte, ad eccezione del funzionale uso del sonoro (e come detto dell'interpretazione della Kidman) risulta a tratti anche irritante.

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