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Oh, Canada: Paul Schrader ritrova Richard Gere tra gli alibi della memoria

Era il 1980: uno era lo sceneggiatore di «Taxi driver», l'altro l'uomo più bello del mondo. Si ritrovano adesso, uno regista veterano che cammina sul filo sottile che divide pena e redenzione, l'altro divo brizzolato in prima linea nelle cause umanitarie. A 45 anni da «American gigolò», un film che fece scalpore, il 78enne Paul Schrader ritrova in «Oh, Canada» l'amico Richard Gere. E con lui, ridotto sullo schermo a un malato terminale, in carrozzina e col catetere, prosegue, instancabile, la sua indagine sulla colpa e sull'espiazione, i temi centrali (basta pensare anche ai suoi ultimi, e a dire il vero più appassionanti, film, da «Il collezionista di carte» al «Maestro giardiniere») del suo cinema.

Due documentaristi filmano l'ultima intervista di quello che è il loro maestro, un grande regista (Gere) piegato dal cancro e che molti anni prima si era rifugiato in Canada per evitare di andare in Vietnam. Ma forse ci sono cose che loro non sanno: particolari che il cineasta non ha mai raccontato neanche a sua moglie...

Film-confessione per antonomasia, dove non si escludono anche vaghi o meno riferimenti autobiografici, «Oh, Canada», accompagnato da ballads sussurrate, è l'ultima preghiera di chi forse si è già scordato la verità: Schrader alterna i differenti periodi temporali, mischia le carte assecondando la confusione mentale del protagonista, permette a Gere, a volte, di sostituire, nelle scene di 50-60 anni prima, il suo alter ego giovane (il Jacob Elordi di «Euphoria»): e così facendo si interroga sugli alibi del passato e sul valore intrinseco della memoria, là dove una menzogna continuamente ripetuta rischia di diventare una verità che fa comodo a tutti.

Ma quello che suona in «Oh, Canada» è il gong dell'ultima ripresa, è tempo di fare i conti. E l'occhio della cinepresa, implacabile, è come un prete. Con una differenza: non giudica ma nemmeno assolve.

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I dieci migliori film del 2021!

Con un accenno di ritardo (ebbene sì) ma pu sempre in tempo: ecco i dieci migliori film dell’anno appena passato. dal decimo al primo. Con qualche perché. Una sola regola: solo film usciti in sala a Parma nel corso dell’anno scorso. E una domanda: il vostro numero 1 qual è?

10. PETITE MAMAN

Per la sua dolcezza inclassificabile, per la tenerezza ”inaudita”. Perché ho visto film più importanti, ma questo mi ha fatto pensare a una foto di mia madre.

9. IL COLLEZIONISTA DI CARTE

Perché c’è tutto Schrader: la colpa, l’espiazione, la vendetta. E perché usa un sottogenere come quello del poker in modo inedito e «politico». Dimostrando di conoscere le regole del gioco.

8. SCOMPARTIMENTO N. 6

Perché su quel treno diretto alla fine del mondo ci siamo saliti tutti: e per Juho, il regista, che è una persona splendida, che ama quanto me gli anolini e il nocino. Ma forse anche di più.

7. MADRES PARALELAS

Perché sono due film e solo quel matto di Pedro poteva metterli insieme: e perché non c’è Storia, grazie a Dio, che resti muta, che accetti di stare zitta.

6. A CHIARA

Per la festa, che ti sembra di esserci dentro, perché cerca la verità dove la verità è un tabù, per Jonas e Swamy che sono una meraviglia.

5. UN ALTRO GIRO

Perché non è un film sul bere. È un film sui limiti: morali, umani. personali. E perché tra molti film perbenisti o a tesi, ha il coraggio di non esere né l’uno né l’altro.

4. THE FATHER

Perché è una grande riflessione sul complotto della terza età: travestita da dramma da camera. E perché diventare vecchi a volte è un film dell'orrore.

3. DRIVE MY CAR

Perché quella Saab ha portato in giro anche noi, tra Cechov e qualche cicatrice. E perché ci vogliono gli attributi per fare un prologo di 45 minuti.

2. E’ STATA LA MANO DI DIO

Perché la realtà è scadente, ma Sorrentino no. E questo è il suo film più personale e straziato, più intimo e sincero.

1. NOMADLAND

Perché è dedicato ai dimenticati. E agli invisibili, agli emarginati. A chi è nessuno per il mondo e nel mondo, in questo mondo, non si riconosce.

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