Snowden, la spia che ci amava
Avete presente il vostro cellulare? Ecco, è meglio se lo tenete spento... Vi sta spiando: così come il computer che tenete sulla scrivania e probabilmente anche il tablet che avete sempre desiderato comprare. E, statene certi, non lo fanno a fin di bene: perché <il terrorismo non c'entra, il terrorismo è la scusa: qui si parla di controllo economico e sociale>.
E' un film rivelatore e ansiogeno, idealista e kafkiano, che fonde il cyber thriller con il cinema di denuncia, l'attacco politico con la metavisione, <Snowden>, l'ultimo e già molto discusso lavoro di Oliver Stone, 70enne portatore sano di polemiche, che porta sullo schermo la storia potente del giovane e brillantissimo informatico americano che mostrò al mondo segreti e panni sporchi di Cia e Nsa. Le agenzie per le quali ha realizzato e utilizzato programmi in grado di controllare (<vediamo tutto>) chiunque sul pianeta...
Il grande fratello? Abita già qui: fatevene una ragione, siamo tutti schedati. E tutti, potenzialmente, sospettati. Già, una prospettiva per nulla piacevole: ma d'altra parte, il film, avvincente e inquietante, vuole essere tutto tranne che rassicurante.
Tra i prodotti migliori dell'ultimo Stone, <Snowden> riflette - nel dilemma morale di chi è costretto a domandarsi se vale più la sicurezza o la libertà -, sulla responsabilità di una visione (anche quella cinematografica) che esplora, frantumandole in milioni di frame, le vite degli altri: spalancate le porte delle stanze dei bottoni, dove milioni di occhi sono puntati non solo <su> ma <contro> di noi, il regista di <JFK> e <Ogni maledetta domenica> smonta pezzo dopo pezzo l'<architettura dell'oppressione>, aderendo però in maniera totale alle posizioni del suo coraggioso protagonista (interpretato in maniera efficace da Joseph Gordon-Levitt), rischiando di farne più che il ritratto, il santino. E' il limite di un film che negli Usa nessuno ha voluto finanziare, ma che il vero Snowden, che ha incontrato Stone nove volte, ha visto e (ovviamente) approvato. Una pellicola stilisticamente un po' convenzionale ma intrigante pur nella complessità dell'argomento, destinata a piacere più a un pubblico senziente che agli alti papaveri, per cui l'autore (che non amava Obama e ora ha pochissima fiducia in Trump) non ha mai avuto (come criticarlo?) grande simpatia.