Latin lover: quel padre divo e un'ultima, grande, Virna Lisi
E’ un personaggio di fantasia, ma è molto Gassman e un po’ Mastroianni (e cinematograficamente mille altri: da Sordi a Volontè passando per Giuliano Gemma) il «Latin lover» che dà il titolo all’ultimo film di Cristina Comencini: ma è più di tutto una scusa, l’alibi, affettuoso assai, per rendere omaggio al glorioso cinema italo-internazionale degli anni ‘60 e ‘70. Che la regista cita di continuo, per celebrarlo e, forse, in cuor suo, anche per «liberarsene»: cresciuta com’è tanto quanto le sue, incasinatissime e «incomplete», protagoniste, nell’ombra lunga e non sempre confortevole di un padre grande e ingombrante.
Commedia al femminile corale e divertita di stravagante e mal digerita sorellanza, «Latin lover» sfrutta uno dei motivi più usurati del cinema di sempre (la riunione di famiglia, pensa un po’) per stendere, con garbo, sullo schermo un tappeto di nevrosi, segreti, veleni, rancori vecchi e nuovi, frustrazioni, rivelazioni, sorprese, debolezze e psicodrammi. Le montagne russe dei sentimenti su cui si muovono, attente a non inciampare, cinque sorelle di madre e nazionalità differenti: frutto dell’amore (a volte parecchio fugace...) di un gran divo del cine scomparso dieci anni prima, donnaiolo impenitente e mattatore consumato che ai posteri oltre a decine di indimenticabili interpretazioni ha lasciato una famiglia che sembra una puntata di giochi senza frontiere. Ovvio che ogni «figlia di» reclami un pezzo di quel mito: ma altrettanto naturale che solo guardandolo con distacco ognuna di loro riuscirà a riappropriarsi di sé. Cominciando un nuovo film...
Regista familista di prudente immaginazione, la Comencini mette in scena la recita della vita aggiungendo all’amarezza di ogni scoperta il dolcificante del sorriso: ma tra echi lontani di «Speriamo che sia femmina», la sua pochade risulta un po’ troppo costruita (o perlomeno scritta), certamente partecipata, ma anche popolata da alcuni personaggi scoperti, prevedibili nelle loro fragilità. E per quanto il gesto sia gentile (e la mano ferma), «Latin lover» fatica, inoltre, a tirarsi via di dosso un’aria stilisticamente televisiva, adatta a ogni palato. Affiatato – e non poco – però il cast multietnico: dove una meravigliosa Virna Lisi (a cui il film è dedicato) firma la sua ultima interpretazione. Dimostrando, insieme a un’altrettanto ispirata Marisa Paredes (l’attrice feticcio di Almodovar), che il cinema non è un gioco da ragazze. Ma un passatempo per grandi signore.