Chiamami col tuo nome: l'incanto irripetibile di un desiderio chiamato nostalgia
Ha a che fare col desiderio, con l'attrazione, con la scoperta, con la fine dell'adolescenza, con l'urgenza e la necessità della giovinezza: che è quel momento lì, un'estate sola e quella e basta. Là dove il dubbio è se parlare o morire, oppure continuare – ancora, e ancora – a mentire a se stessi. Mentre i corpi, prima che il cuore sia esausto, scrivono un'altra lingua: l'ennesima, e la più comprensibile e autentica, nella babele degli idiomi e dei sentimenti. E' un film così, questo: in cerca di un posto che sia solo suo, di un non ripetibile incanto, di un istante segreto da conservare, sempre proteso verso il bello, smarrito in una sensualità ambigua, e insieme e antica e classica.
Una storia intima e romantica (ma dalla forte tensione erotica) che tocca, con naturalezza per nulla costruita, corde remote: che poi è la ragione, probabilmente, per cui questo piccolo film realizzato a Crema da un regista che nemmeno lo doveva girare si ritrova adesso spalla a spalla coi colossi di Hollywood, fresco di 4 nomination all'Oscar, tra cui quella per la migliore pellicola (non accadeva a un italiano dai tempi de <La vita è bella>...) dell'anno. Parabola davvero singolare e bellissima quella di <Chiamami col tuo nome>, ultrasensibile racconto di formazione sentimentale in cui Luca Guadagnino – regista incompreso e indecifrabile, poco capito in patria e amato invece senza riserve negli States, autore fin qui di film belli e respingenti o semplicemente brutti nella sovraesposizione di un talento sfociato altrove nella presunzione – maneggia con la delicatezza che si conviene ai carichi più fragili o potenzialmente pericolosi la sceneggiatura che il veterano (a giugno saranno 90) James Ivory ha tratto dal romanzo (amato assai nei giri giusti) di Aciman. Riuscendo a fare coesistere Bach e Heidegger, Eraclito e Battiato nello sguardo di Elio (Timothée Chalamet, grande rivelazione), 17enne colto e annoiato che, durante le vacanze, si sente attratto da Oliver, studente 24enne del padre che attira, ricambiandola, la sua attenzione...
Attraversati con grande fluidità gli anni '80, tra le camicie col cavallino e le scarpe con la stella, il golf sulle spalle e i telefoni a gettone, Grillo (quando ancora faceva quello che gli riusciva meglio: il comico) e Licio Gelli, Craxi e <Tootsie>, il walkman e lo zaino Invicta (ovviamente quello giallo e blu...), Guadagnino (che ha già ultimato le riprese del remake di <Suspiria>...) in <Chiamami col tuo nome> mette un po' di Rohmer e tanto Bertolucci (non a caso Aciman è un proustiano come Attilio, il padre di Bernardo), ma in quel resistere che non è desistere dei suoi personaggi trova soprattutto un suo centro, una sua verità: e la sincerità di chi getta la nostalgia nel fuoco guardandola bruciare con dolcezza.